
Si torna a parlare di tasse, tra le altre cose, con la delega fiscale al governo per formulare una proposta di riforma fiscale i cui contenuti non sono ancora chiari, salvo il fatto che mancano le risorse e che ci sarà una gradualità applicativa. Il termine FLAT TAX sembra tramontato all’orizzonte, mentre si profila una generica quanto fumosa “riduzione del cuneo fiscale” ed una IRPEF con tre sole aliquote invece di cinque. Ma andiamo per ordine.
Il “cuneo fiscale” esprime la differenza tra stipendio netto in busta paga dei lavoratori dipendenti ed il costo sostenuto dal datore di lavoro. In questo differenziale le voci significative si chiamano IRPEF e contributi previdenziali, cioè INPS.
Cosa significa ridurre il cuneo fiscale?
O riduci l’IRPEF, o il contributo INPS, o entrambe le cose.
Si può ridurre il contributo INPS? Si, ma meglio di no, perché già adesso è insufficiente a finanziare la spesa pensionistica e, comunque, a conti fatti, il monte dei versamenti individuali INPS, con le aliquote attuali, nel corso di una vita lavorativa, anche se venisse accumulato e distribuito tal quale, non basta già adesso a sostenere un trattamento pensionistico decente per il periodo di vita media dei cittadini oltre l’età pensionabile.
Se viene fatto, poi lo Stato deve compensare, come già fa, attingendo dalla fiscalità generale, cosa non equa, visto che pagano TUTTI i cittadini per retribuire soltanto i pensionati, circa 16 milioni su 60 milioni di cittadini.
Si può ridurre l’IRPEF? Si, risorse di bilancio permettendo, e questa è la sola cosa che ha senso, ma allora, per favore, SMETTIAMOLA DI PARLARE DI CUNEO FISCALE !
Ma in che modo ridurre l’IRPEF?
La FLAT TAX, se intesa come aliquota unica, senza introdurre altre manipolazioni, come bonus, detrazioni, deduzioni, e via cantando, è iniqua ed incostituzionale, visto che la Costituzione prevede una imposizione fiscale progressiva in funzione del reddito.
Prevengo l’obiezione, scontata, secondo cui anche con una aliquota unica i redditi più elevati pagano più tasse dei redditi più bassi.
Si, ma è vero anche per le imposte sui consumi (IVA) e tuttavia l’IVA è una TASSA PIATTA sui consumi, non una tassa progressiva.
Un’IRPEF a tre sole aliquote invece di cinque è una colossale sciocchezza; è una semplificazione, ma sotto il profilo dell’equità nell’imposizione fiscale è assurda: infatti determina tre gradoni invece di cinque gradini, aumentando la discontinuità tra scaglioni di reddito. I gradini dovrebbero essere il maggior numero possibile, meglio ancora se infiniti, introducendo una gradualità costante nella progressione dell’aliquota fiscale.
Non si può fare? Certo che si può fare, invece, semplificando.
Basta introdurre un calcolo aritmetico da scuola elementare, con una aliquota unica applicata al reddito imponibile, certo non il 15%, ma più elevata, ed una detrazione fissa abbastanza sostanziosa, elevando l’attuale limite di non imponibilità fiscale dei redditi più bassi, quelli che già da soli, prima delle tasse, non bastano ad arrivare a fine mese. Nicola Rossi, del Bruno Leoni, ci ha scritto sopra un intero libro, di cui esiste una mia recensione.
Ho fatto calcoli abbastanza accurati sui redditi nazionali (fonti MEF) confrontando l’imposizione attuale e quella possibile, con le variazioni risultanti per tutti gli scaglioni di reddito, e con le relative riduzioni di gettito fiscale. Si può fare, partendo da questi soli due parametri, da modificare anno dopo anno, per arrivare a regime senza scassare la finanza pubblica, dando il tempo di trovare risorse abbattendo la spesa pubblica non indispensabile, alias “spending review”, senza la quale non può esistere una riforma fiscale se non in aggravio per il contribuente.
Se il governo Meloni introdurrà un’IRPEF a tre gradini, alcune categorie di reddito pagheranno più tasse, non meno tasse, a meno di non ridurre drasticamente TUTTE le aliquote, con una perdita di gettito fiscale insostenibile, altro che accise …
La reazione dell’opinione pubblica non si farebbe attendere e sarebbe ben motivata. Si tradurrebbe in una perdita di consensi per la destra al governo. E’ questo che vanno cercando? Non credo.
Allora sarà meglio che si diano una svegliata e la smettano di ascoltare i suggerimenti forse anche pilotati di alcuni funzionari pubblici che, non dimentichiamolo, sono quelli di IERI, perché non sono elettivi, sono dipendenti pubblici a concorso, inamovibili, e non cambiano con l’orientamento politico della maggioranza.
In politica, se devi comunque rischiare di perdere consenso, tanto vale fare scelte coraggiose ed utili al Paese.
Ing. Franco Puglia
23 agosto 2023