SCIENZA E FANTASCIENZA

Il confine tra Scienza e fantascienza appare sempre più labile.
Lo è sempre stato, per la verità: la “scienza” espressa dall’umanità nei secoli passati era frutto più della fantasia che dell’osservazione e misurazione sperimentale e dell’analisi con gli strumenti della matematica, nonostante l’enunciazione di alcune VERITA’ scientifiche da parte dei pochi grandi scienziati del passato.
Poi la conoscenza scientifica è cresciuta a dismisura, assieme agli strumenti a sua disposizione, e la Fisica si è avventurata nei meandri dell’infintamente piccolo come in quelli dell’infinitamente grande.
E qui le VERITA’ SCIENTIFICHE SPERIMENTALI hanno cominciato a rarefarsi, lasciando spazio ad IPOTESI VEROSIMILI, successivamente smentite da altre, e via cantando.
Prendiamo come esempio qualcosa che forse tutti conoscono: il modello dell’atomo, con il suo nucleo a palline (protoni e neutroni) e gli elettroni che gli orbitano intorno.
Qualcuno lo ha mai VISTO? No: è un modello, quello proposto da Niels Bohr, fisico e matematico danese (1885-1962). Un modello presto soppiantato da modelli sempre più complessi, introdotti dallo sviluppo della Meccanica Quantistica.
E sempre di modelli si tratta: cosa sappiamo degli elettroni? Moltissimo e pochissimo.
Parliamo di qualcosa che NON ha massa, che presenta una “carica elettrica” negativa, contrapposta alle cariche positive del nucleo atomico, che può essere visto come un corpuscolo (ma se non ha massa?) oppure come un’onda elettromagnetica (cioè energia), e la sola cosa veramente certa e comprensibile è il suo comportamento come corrente elettrica, confinata in conduttori metallici (ma perché solo nei metalli?) oppure allo stato libero, come elettroni nell’aria, o nello spazio.

La “fisica delle particelle”, poi, ci racconta di tante nuove particelle scoperte nel corso dell’ultimo secolo, dai mesoni, al neutrino, al bosone di Higgs, ma sono tantissime.
Ed alcune sono “fantasmi”, che compaiono nei laboratori di fisica nucleare nel corso di collisioni violente tra particelle, provocate dagli studiosi. Frammenti di materia con una vita inferiore al secondo, che si trasformano in energia radiante.
E se passiamo all’astrofisica le cose sconfinano ancor di più nelle ipotesi, perché le stelle non si trovano nei nostri laboratori, ma a distanze siderali da noi e ciò che vediamo di loro è soltanto la luce partita anche secoli fa, che arriva sulla terra solo adesso, captata dai nostri strumenti. Un mondo lontanissimo, che non esiste più per come lo osserviamo, e del quale conosciamo soltanto la luce ed altre onde elettromagnetiche emessa in passato.
Anche qui ogni ipotesi è lecita, se suffragata da complesse analisi matematiche e da modelli che soltanto gli addetti ai lavori possono capire, scambiandosi informazioni.

Qualsiasi cosa si possa immaginare dello spazio cosmico o della composizione della materia non ci tocca particolarmente, non influisce sulla nostra vita. Ma da qualche tempo una certa scienza è voluta andare OLTRE, immaginando scenari fondati su modelli climatici e su osservazioni analoghe a quelle degli astrofisici, prodotte a terra, con i radiotelescopi, oppure con gli strumenti a bordo dei satelliti artificiali orbitanti.
Tutte cose molto interessanti, ma irritanti quando traggono conclusioni azzardate, a dir poco, interpretando i comportamenti anche brutali del clima terrestre in base a questa modellistica.

L’elemento che traspare da tutti gli studi che sono riuscito a leggere e dalle conversazioni con alcuni studiosi sostenitori del surriscaldamento planetario di natura antropica è che i loro metodi di indagine, i loro modelli, sono sempre QUALITATIVI, MAI QUANTITATIVI.
Un vecchio adagio dice che “una rondine non fa primavera” ; uno stormo, invece, si.

Fare delle misure e delle analisi QUANTITATIVE è estremamente difficile.
Lo so per esperienza, perché è stato il mio lavoro per decenni. Esistono, ad esempio, strumenti diversi per pesare dei materiali, che usano certe tecnologie. Nessuno tra loro è in grado di fare una MISURA ASSOLUTA. Anche la banalissima bilancia a molla, quella che usate per pesarvi o pesare gli spaghetti, richiede una TARATURA, altrimenti i numeri che da ve li potete giocare al lotto. E cosa significa? Che io debbo prendere una cosa chiamata CAMPIONE, che (lo stabilisco io) pesa 1 kg, lo metto sulla mia bilancia e faccio in modo che lo strumento indicatore mostri 1 kg. Se metto sulla bilancia altro, ed indica 0,5 kg, vuol dire che questo è il peso del nuovo oggetto, ma in rapporto al mio campione.
Se il mio campione fosse sbagliato, lo sarebbe anche la mia misura.
Questo vale per TUTTI gli strumenti di misura esistenti. Ogni misura ha un significato se confrontata con la medesima misura di un CAMPIONE, arbitrariamente assunto come riferimento.

Le misure dei climatologi e di quanti si occupano di atmosfera sono spesso fondate su strumenti che NON hanno un campione di taratura. Possono fare rilevamenti qualitativi, ma non quantitativi. Misurano facilmente la temperatura dell’aria, a qualsiasi quota, con i termometri convenzionali, che sono tarabili a zero °C con il ghiaccio fondente, ma già quando si usano termometri IR, all’infrarosso, le cose si complicano notevolmente.
Da satellite non posso misurare la temperatura dell’atmosfera con un termometro a mercurio e debbo utilizzare la termometria IR, cioè dei sensori di raggi infrarossi a bordo dei satelliti che rilevano la radiazione IR trasmessa da un’area del pianeta ed assegnano a questa un corrispondente valore di temperatura.
Ma non è come dirlo: col cambiamento della pressione atmosferica, presenza di umidità, ecc, anche la radiazione IR che arriva al satellite cambia.
E questa cosa, che è la più FACILE, è già molto difficile, ma si fa; immaginatevi misurare altro, come, ad esempio, la QUANTITA’ di energia assorbita dalla CO2 presente in atmosfera; la quantità, non la qualità, cioè la lunghezza d’onda ricevuta sotto un certo angolo di osservazione.
Le misure dei climatologi e di quanti si occupano di atmosfera sono spesso fondate su strumenti che NON hanno un campione di taratura. Possono fare rilevamenti qualitativi, ma non quantitativi. Misurano facilmente la temperatura dell’aria, a qualsiasi quota, con i termometri convenzionali, che sono tarabili a zero °C con il ghiaccio fondente, ma già quando si usano termometri IR, all’infrarosso, le cose si complicano notevolmente.
Da satellite non posso misurare la temperatura dell’atmosfera con un termometro a mercurio e debbo utilizzare la termometria IR, cioè dei sensori di raggi infrarossi a bordo dei satelliti che rilevano la radiazione IR trasmessa da un’area del pianeta ed assegnano a questa un corrispondente valore di temperatura.
Ma non è come dirlo: col cambiamento della pressione atmosferica, presenza di umidità, ecc, anche la radiazione IR che arriva al satellite cambia.
Ricordate le misure di temperatura fatte durante il Covid con i termometri all’infrarosso? Largamente imprecise, perché ogni “fronte” umana emette a modo suo.

E questa cosa, che è la più FACILE, è già molto difficile, ma si fa; immaginatevi misurare altro, come, ad esempio, la QUANTITA’ di energia assorbita dalla CO2 presente in atmosfera; la quantità, non la qualità, cioè la lunghezza d’onda ricevuta sotto un certo angolo di osservazione.
Perché l’obiettivo dei teorici della CO2 gas serra vogliono dimostrare che assorbe energia in maniera crescente e che la riflette verso terra in maniera analoga. E vogliono correlare questo dato con altre misure di temperature sulla terra, fatte non con i termometri a mercurio ma con quelli all’infrarosso ! E queste su un materiale ad elevatissima variabilità di emissione IR come le terre emerse. Attendibilità ? Prossima a zero.
Misure approssimative, poi mediate su tutto il globo, e le variazioni che si pretendono di affermare sono di decimi di grado centigrado.

Fare delle misure quantitative è una cosa molto difficile e con qualsiasi strumento il solo dato attendibile è quello comparativo, usando il medesimo oggetto di misura ed il medesimo strumento, e rilevando le variazioni delle letture al variare quantitativo del campione, che però deve avere la medesima natura, le medesime caratteristiche, mutando soltanto sotto l’aspetto quantitativo. Questa è METROLOGIA DI BASE : ogni misura quantitativa fatta con un qualsiasi strumento richiede un campione di taratura OMOGENEO.
Vale anche nelle misure volumetriche dei gas, ad esempio: uno strumento tarato su un gas non può essere impiegato per un diverso gas, senza una specifica ritaratura.
E le condizioni di temperatura e pressione del gas debbono essere le medesime.
I contatori del metano che viene distribuito nelle città sono dei contatori volumetrici che commettono errori di misura in funzione della temperatura del gas e della pressione di mandata, che a sua volta può dipendere dai consumi del momento, cioè da quanta erogazione di gas viene richiesta. Ma su tutto questo si sorvola, perché non sapremmo come fare diversamente. Qui il danno è solo economico e può essere alternativamente a carico del fornitore o del cliente, ma quando dalle ipotesi sul ruolo di un gas atmosferico nel clima si passa a politiche di limitazione della libertà di consumo e di movimento delle persone in un continente, allora non si può scherzare, eppure lo stanno facendo, e nessuno si ribella davvero.

Ing. Franco Puglia
23 maggio 2023

VOCAZIONE ALLUVIONALE DELLA PIANURA PADANA

La mappa della pianura padana ci racconta in maniera eloquente come si sia formata e grazie a che cosa la terra abbia strappato spazio al mare: le alluvioni. Perché la pianura padana è collocata a sud della catena alpina, che la circonda ad ovest e poi si estende a sud di essa con l’appennino ligure ed emiliano.
Un circo di montagne che non può trattenere se non una parte dell’acqua piovana, ma la convoglia necessariamente e valle, verso l’imbuto padano, per sfociare poi in mare.
Il destino di questo territorio è, da sempre, alluvionale, a meno di periodi di siccità che irrorano a mala pena il terreno, che assorbe la poca acqua che precipita al suolo.

Un territorio fortemente antropizzato, con pochi corsi d’acqua che scendono al mare, alcuni come affluenti del grande fiume Po’, da nord, ed altri, dall’Appennino, che scaricano direttamente nell’Adriatico. E se sorvoliamo lo sviluppo di questi corsi d’acqua troviamo insediamenti umani ovunque, anche a ridosso delle sponde, mentre le aree golenali, cioè le aree a disposizione per raccogliere l’eccesso delle acque nelle ondate di piena sono rare o assenti. Ed ecco che, quando piove davvero, quando la siccità lascia spazio alle piogge, il solo sbocco possibile sono le inondazioni, e poi le lacrime di coccodrillo, che si aggiungono al deflusso delle acque.

Certo, che colpa ne hanno i singoli, le vittime di queste inondazioni distruttive?
Singolarmente, nessuna, collettivamente, però sono colpevoli, colpevoli attraverso la pochezza cognitiva di chi hanno eletto per amministrarli, nel corso del tempo, di chi, quindi, ha considerato il territorio come una vacca da mungere, incurante della distanza incolmabile tra le nostre scelte e quelle della natura.
Altro che “cambiamenti climatici” : la pianura padana è una pianura alluvionale da sempre, si è formata in questo modo. Ed anche in tempi recenti, prima delle “grandi scoperte” dei climatologi da operetta, questi eventi catastrofici erano non infrequenti: sul sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, è disponibile questo elenco delle alluvioni verificatisi in Italia dal 1951 al 2018.
22/10/1951 – Calabria – 68 MORTI
14/11/1951 – Polesine – 101 MORTI
19/09/1953 – Provincia di Genova – 10 MORTI
21/10/1953 – Provincia di Reggio Calabria – 101 MORTI
25-26/10/1954 – Provincia di Salerno – 325 MORTI
05/09/1959 – Ancona – 10 MORTI
23-25/10/1959 – Zona del Metapontino – 12 MORTI
04/11/1966 – Italia nord-orientale – 87 MORTI
04/11/1966 – Toscana e Firenze – 47 MORTI
03/11/1968 – Biellese – 83 MORTI
07/10/1970 – Genova e provincia – 48 MORTI
05/11/1976 – Trapani – 18 MORTI
09/08/1978 – Val d’Ossola – 19 MORTI
18/07/1987 – Valtellina – 23 MORTI
28/07/1987 – Val Pola – 28 MORTI
06/11/1994 – Piemonte – 71 MORTI
19/06/1996 – Versilia e Garfagnana – 14 MORTI
05/05/1998 – Sarno – 160 MORTI
10/09/2000 – Soverato – 13 MORTI
13-16/10/2000 – Italia nord-occidentale – 23 MORTI
01/10/2009 – Provincie di Messina – 37 MORTI
25/10/2011 – Lunigiana e Cinque Terre – 13 MORTI
04/11/2011 – Genova – 6 MORTI
18/11/2013 – Sardegna – 18 MORTI
10/09/2017 – Livorno – 8 MORTI
19/08/2018 – Forra del Raganello – 10 MORTI
03/11/2018 – Provincia di Palermo – 13 MORTI
Eventi come quello che ha colpito in questi giorni l’Emilia Romagna non sono un’eccezione e le cause non sono il cambiamento climatico o la pregressa siccità, ma la disastrata situazione idrogeologica di questo paese.
L’acqua che scende dalle montagne deve avere canali di scarico adeguati a sostenere le piene, non i momenti di magra, e gli insediamenti umani debbono essere distanti dalle aree golenali e protetti da argini adeguati. La mappa dei corsi d’acqua va ridisegnata, se si vogliono evitare, o ridurre, in futuro, analoghi disastri.
Ma come si fa? Significa anche radere al suolo migliaia di abitazioni, di insediamenti industriali, ecc, collocandoli altrove, al posto di altri insediamenti, anche agricoli.

In pratica una impresa impossibile. Gli errori del passato si pagano, sino in fondo, e chi paga non sono mai i responsabili, anzi, gli IRRESPONSABILI che li hanno prodotti.

Ing. Franco Puglia
20 maggio 2023