IL DEBITO PUBBLICO E LE REGOLE EUROPEE

Uno dei vincoli più chiacchierati dei paesi dell’Unione Europea è quello del rapporto tra il debito pubblico degli stati ed il loro prodotto interno lordo, un numero che determina anche il “rating” del sistema paese e, se troppo elevato, costringe il Ministero del tesoro di quel paese a pagare tassi di interesse più elevati sul suo indebitamento, normalmente rappresentato dai cosiddetti “titoli di stato”, BOT, BTP, CCT, ecc, secondo la formulazione e le scadenze.
L’Italia è sempre in testa alle classifiche, con un rapporto tra debito e PIL al 140% nel 2023.
La Germania, invece, appare sempre come un paese virtuoso, con un rapporto tra debito e PIL pari alla metà, circa il 68% nel 2023.

Ma è davvero tutto oro quel che luce? In realtà i tedeschi hanno sempre cercato di manipolare i loro conti pubblici in modo da apparire più virtuosi di quello che sono, col risultato di scontare tassi di interesse più bassi rispetto ad altri paesi, tanto da diventare un riferimento: infatti per gli altri paesi si parla di “spread”, cioè di differenza tra gli interessi praticati sui loro debiti rispetto a quelli praticati per i debiti tedeschi. Non solo non si tratta di una novità, ma sempre tenuta nell’ombra, per motivi misteriosi, ma è anche emersa recentemente all’onore di qualche cronaca, non tutte, perché c’è molta timidezza verso il mostro sacro tedesco.
Ecco una copia di un articolo comparso recentemente su Il Sole 24 Ore : Il debito tedesco nascosto .

Non voglio qui entrare nel merito di questo caso specifico, bensì discutere sulla natura del debito pubblico degli stati, e sul come si possa o si debba gestirlo per ridurre il suo impatto economico e finanziario su un paese.
Una prima considerazione fondamentale è che se l’indebitamento, in un paese, è concentrato tutto in una sola entità, la sua affidabilità, cioè il rischio di insolvibilità è alto, tanto più elevato quanto più elevato è l’indebitamento, anche in rapporto al capitale reale, disponibile, dell’ente.
Se la medesima cifra, invece, è sparpagliata tra enti diversi ed autonomi, dotati di capitale proprio, il rischio finanziario che si può calcolare è in proporzione ad indebitamento e capitalizzazione dei singoli enti, non in base alla loro somma.
Sebbene le regole europee, quasi sempre molto discutibili, impongano di calcolare il “debito pubblico” degli stati come somma dei debiti di TUTTI gli enti pubblici, questa norma è facilmente aggirabile, e può presentare vistosi buchi.
In Italia, ad esempio, molte aziende sono a partecipazione pubblica, con capitale pubblico, ma NON sono enti pubblici propriamente detti.
A queste aziende si può, o si deve, applicare la regola della somma?
Io non credo, e non credo si faccia.

Quando c’è di mezzo dell’indebitamento, cosa da evitare per quanto possibile, ma che nel caso degli enti pubblici come nelle aziende private è impossibile evitare completamente, ciascuno risponde solo di se, e gli altri non sono coinvolti.
Ciascun ente, però, può avere più azionisti, e questi sono certamente coinvolti. Tra questi può esserci anche lo Stato, o un qualsiasi ente pubblico, e saranno coinvolti pro quota di partecipazione.

In un paese gli enti pubblici e privati soggetti ad indebitamento sono milioni, e nessuno si è mai sognato di sommare tutti questi debiti per calcolare un astratto DEBITO PAESE.
Da un punto di vista politico, e sotto il profilo della normativa europea, la sola cosa che a me pare fondamentale, e che invece viene spesso aggirata, è che lo Stato non intervenga per sostituirsi al debitore nei guai, quale che sia, ente privato o pubblico.
Se un ente privato fallisce, è chiaro che emerge un problema sociale più o meno importante, e se fallisce un ente pubblico peggio ancora.
Ma la domanda è: CHI DEVE PAGARE, se non tutti i beneficiari di quella specifica attività, e soltanto quelli?
Se fallisce un Comune, cosa c’entrano i cittadini di altri Comuni?
Che siano i residenti di quel Comune a pagare di tasca propria, ripianando i debiti, ed impiccando, virtualmente, e politicamente, i loro amministratori comunali.

Se valesse per TUTTI il sacro PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’, tutti gli enti pubblici periferici dovrebbero essere resi autonomi sotto il profilo amministrativo, ciò che implica anche imposizione fiscale propria, commisurata alla spesa pubblica che i cittadini sono disposti a finanziare. Un aiuto perequativo statale ci può stare, ma la responsabilità deve restare in capo all’ente interessato.

Su queste basi, se tutto il debito pubblico degli stati venisse caricato sulle spalle dei beneficiari dei singoli capitoli di spesa pubblica, avendo ciascuno di questi una capacità impositiva propria, la frammentazione e diffusione del debito pubblico svuoterebbe quasi completamente le norme e le restrizioni di questa Unione Europea in materia e, cosa più importante, farebbe crollare il rischio di default degli Stati, che esiste nella misura in cui TUTTO il debito pubblico si concentra nelle loro mani.

Siamo nel 21° secolo, ma proprio non ce ne siamo accorti …

Ing. Franco Puglia
21 dicembre 2023



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