
In ambiente liberale si dimentica spesso e volentieri la differenza tra pensione ad accumulo e pensione a ripartizione. Nella pensione ad accumulo, quella in vigore nelle assicurazioni pensionistiche private, tu ACCUMULI quanto versi ogni anno in un tuo salvadanaio personale costituito presso la società di assicurazioni. La società, dei tuoi soldi, fa l’uso che vuole, ma è DEBITRICE VERSO DI TE, come le banche, di quanto tu hai versato, riconoscendoti, in funzione del tipo di contratto, anche una rivalutazione del tuo capitale che, non va dimenticato, tiene anche conto di costi di gestione e profitti dell’ente a valere sul tuo piccolo salvadanaio. Non è molto diverso da un deposito bancario, a parte che adesso gli interessi sono e restano ZERO, salvo eccezioni, solo che l’assicurazione pensionistica ti offre due opzioni: il riscatto del versato e relativi interessi in un’unica soluzione, alla scadenza, oppure la trasformazione in un vitalizio, con o senza reversibilità al coniuge, scelta da cui dipende QUANTO ti verrà proposto come pensione annua, in funzione del versato, della tua età anagrafica, quindi della tua aspettativa di vita, e della scelta, reversibilità si o no.
Nella pensione tipo INPS, a ripartizione, in teoria viene ripartito il monte contributi annuo tra tutti i pensionati correnti. Ma viene fatto MALE, perché:
1. L’importo pensionistico è fisso, a partire da un certo numero di anni di contribuzione e da una certa età anagrafica, stabiliti dalla legge.
2. Sempre per legge viene imposto ad INPS di aggiornare, o meno, e come, il valore della pensione all’inflazione, e viene calcolata l’eventuale reversibilità.
3. La legge spesso riduce pro tempore i versamenti contributivi ad alcune categorie, così le entrate INPS calano.
E’ chiaro che, in queste condizioni, le entrate previdenziali NON coincidono col monte pensioni distribuito, e possono superarlo, ma anche il contrario, ed oggi è SEMPRE il contrario. Lo Stato versa ad INPS quanto basta a far quadrare il bilancio.
Questo sistema NON è equo, e non è competitivo col sistema ad accumulo, ma ….
Se l’importo della pensione a ripartizione fosse VARIABILE, e non fisso, senza interventi statali, si potrebbero ripartire tra tutti i pensionati le entrate previdenziali, queste si, stabilite per legge come percentuale del reddito lordo, SENZA ECCEZIONI.
Le quote individuali dipenderebbero soltanto da quanto il contribuente avesse versato nel corso del tempo, quanto e per quanto tempo, senza preclusioni di età minima pensionabile, perché le quote sarebbero irrisorie con pochi anni di contribuzione, ma ciascuno potrebbe andare in pensione quando vuole, con una rendita piccola o grande in funzione del versato.
Le quote, però, si dovrebbero ricalcolare, PER TUTTI, ogni anno, perché il monte contributi dell’anno precedente andrebbe distribuito nel successivo secondo il numero di pensionati e secondo il contributo dato da ciascuno. Questo implicherebbe una spesa pensionistica crescente in periodi di vacche grasse, con l’economia in crescita, ed una spesa decrescente in periodi vacche magre, ma sempre con il bilancio in pareggio strutturale.
Ovvio che ci vorrebbe una fase di transizione di qualche anno in cui lo Stato dovrebbe integrare come fa adesso il monte contributi mancante.
Con la scomparsa dei più anziani, poco alla volta, il sistema andrebbe a regime.
Ing. Franco Puglia
8 marzo 2024