
Viviamo in una società violenta; non è una novità: le società umane sono violente da sempre; l’evoluzione sociale e civile ha cercato di moderare nel corso della storia umana questo potenziale di violenza latente ed espresso, presente nella popolazione maschile, perché in quella femminile è solo l’eccezione, per motivi biologici.
Le regole del vivere comune, imposte con a forza, quindi ancora con la violenza più che con la convinzione, hanno funzionato come deterrente, consentendo un clima di convivenza tollerabile, almeno all’interno delle comunità, mentre tra comunità diverse i conflitti sanguinosi erano la regola, più che non l’eccezione.
Ed arriviamo ai giorni nostri, nel mondo moderno, civile, progredito e democratico, ma non ovunque, con regole e con un etica del rispetto reciproco, sostenuta anche dalle religioni, che stempera la naturale aggressività umana maschile. Eppure non è abbastanza, anche perché almeno i conflitti tra comunità nazionali diverse non sono mai cessati del tutto e lo sviluppo dei mezzi audiovisivi, dopo le comiche di Charlie Chaplin, ha introdotto la raffigurazione della violenza come elemento di una normalità che si voleva dimenticare.
E questa rappresentazione continua e costante della violenza si fissa nella mente dei bambini, inconsapevolmente, trovando terreno fertile nella natura biologica stessa degli esseri umani.
I conflitti sociali di ordine economico, poi, le difficoltà dell’esistenza, la riduzione degli spazi vitali determinata dalla densità di popolazione crescente hanno fatto il resto.
Oggi, quasi chiunque voi incontriate, nasconde un killer potenziale.
Basta un nonnulla a scatenare un inferno nascosto nel profondo dell’anima, e può essere uno sgarbo, un rimprovero, una aspettativa ritenuta legittima ma non soddisfatta, a scatenare una scarica aggressiva violenta.
E di fronte a questo che fare? Evitare le provocazioni, certo, ma talvolta la provocazione è assente, ma il soggetto violento che si sente offeso ti aggredisce, e tu come ti difendi?
La legge non ti aiuta: la legittima difesa viene equiparata all’offesa, o peggio, ed il legislatore e la Magistratura al seguito non si rendono conto del fatto che la difesa si realizza se previene l’offesa, perché l’offesa aggressiva può più spesso impedire qualsiasi reazione difensiva. Vissuto sulla mia pelle recentemente: per difendere il mio cagnolino minaccio un cane più grosso con un bastone da escursione e vengo aggredito dal proprietario, che cerco di allontanare col medesimo strumento, senza riuscirci, sino a quando sono costretto a colpirlo in forma non grave, ma non basta a fermarlo, prosegue nell’aggressione, da cui non ho più alcuna difesa salvo quella di colpirlo a morte col bastoncino nelle parti molli, cosa che non faccio, soccombendo, a rischio della mia pelle, con trauma cranico e tutto quel che segue.
E si finisce nel penale, con tribunale, avvocati, a seguito di inevitabili querele di parte, e la vittima rischia di diventare il colpevole, solo perché ha colpito per primo, sperando di allontanare la minaccia.
Il vero imputato, però, è LA LEGGE, quella che non protegge le vittime, quella che parla di eccesso di legittima difesa laddove la sola vera difesa possibile, per non soccombere, è mettere fuori combattimento l’avversario, e non può essere un incontro di pugilato, perché non è una competizione sportiva tra pari, ma può essere soltanto una reazione durissima, se possibile, con lesioni gravi, anche mortali.
E da vittima diventi colpevole; NO, tutto questo NON è accettabile, non si possono rovesciare le parti in causa, non è un incontro sportivo: chi aggredisce, o minaccia credibilmente di aggredire, e di produrre danno in assenza di difesa, DEVE sapere che lo fa a suo esclusivo rischio e pericolo, esponendosi a qualsiasi reazione, anche mortale nei suoi confronti.
Servono deterrenti credibili, tenendo conto del rischio di abusi, cioè di simulazione di un’aggressione mai messa in atto, allo scopo di aggredire chi non aveva nessuna intenzione di farlo.
Ing. Franco Puglia
Milano