
Anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli USA sono stati sempre impegnati in conflitti militari ovunque nel mondo, e questo ha valso agli USA la fama di guerrafondai.
Sicuramente gli interessi dei produttori di armi americani hanno contribuito all’interventismo americano, ma se guardiamo alle ragioni palesi di tutti gli interventi troviamo sempre qualcosa in comune:
– lotta contro il comunismo e contro i paesi imperialisti dell’orbita comunista (Russia, Cina)
– destituzione di feroci dittature che oltre ad impoverire la loro popolazione
compromettevano interessi economici e politici americani in quei territori.
Harry Truman (1945-1953, Democratico) è stato l’uomo della Guerra di Corea.
E la Corea era sotto attacco comunista, con la Cina alle spalle.
Dwight D. Eisenhower (1953-1961, Repubblicano) ereditò la Guerra di Corea e giunse all’armistizio ma impegnandosi nell’escalation della Guerra Fredda: aveva l’idea che gli americani dovessero essere più aggressivi nei confronti di Mosca.
E ancora una volta siamo al contrasto con il comunismo russo, e con la sua politica espansionistica su base ideologica.
John Fitzgerlad Kennedy (1961-1963, Democratico) portò in pochi mesi i consiglieri militari statunitensi in Vietnam da qualche centinaio a 16.000 e, di fatto, fu l’iniziatore del conflitto che avrebbe segnato l’America per generazioni. Fu anche il presidente della Baia dei Porci, e cioè del tentativo, fallito, di invadere la Cuba di Fidel Castro.
E ancora una volta siamo al contrasto con il comunismo russo, e con la sua politica espansionistica su base ideologica.
Lyndon Johnson (1963-1969, Democratico) fu colui che prese il posto di Kennedy e verrà ricordato per l’escalation della Guerra del Vietnam. Nel 1965, Johnson ordinò anche l’invasione della Repubblica Domenicana per rovesciare il governo socialista di Juan Bosch Gavino.
Ancora contrasto al comunismo, ed alla sua espansione.
Richard Nixon (1969-1974, Repubblicano) chiuse la guerra in Vietnam dopo un’escalation di bombardamenti a tappeto sulle città e le campagne del Nord e, segretamente, in Cambogia e Laos. Divenne, nonostante non lo avesse iniziato, il simbolo negativo di quel conflitto.
E ancora una volta siamo al contrasto con il comunismo, qui di marca cinese, e con la sua politica espansionistica su base ideologica.
Gerald Ford (1974 -1977, Repubblicano): in così poco tempo, il successore di Nixon non combattétecnicamente alcuna guerra, anche se chiese al Congresso il permesso di farne una. Infatti, nonostante gli accordi di Pace di Parigi del 1973, nel dicembre del 1974, le colonne militari nord-vietnamite si diressero verso il Sud e il governo sud-vietnamita chiese aiuto agli Usa. Ford allora decise l’intervento ma Capitol Hill disse di no.
Prosegue il contrasto al comunismo di marca cinese.
Jimmy Carter (1977-1981, Democratico): quando l’unione sovietica invase l’Afghanistan mandò aiuti militari segreti ai mujaheddin afghani, attraverso i sauditi e i pachistani.
Fu la sua guerra e l’embrione di quella che divenne la jihad di Osama Bin Laden contro gli Stati Uniti. Carter fallì anche il blitz militare per liberare gli ostaggi dell’ambasciata americana a Teheran.
Proseguimento del conflitto con la Russia, sia pure per via indiretta.
Ronald Reagan (1981-1989, Repubblicano), dopo aver chiuso la Guerra Fredda, fu protagonista di due azioni militari: l’invasione di Grenada nel 1983, decisa perché un regime filo marxista non si affiancasse a quello di cubano in quell’area; il bombardamento di Tripoli nel 1986 con l’obiettivo di colpire Gheddafi.
Prosegue il contrasto al comunismo di marca russa. Con Gheddafi si affacciano i problemi di mantenimento del controllo sulla maggiore area di produzione petrolifera del mondo.
George H. W. Bush (1989-1993, Repubblicano) combatté e vinse la prima guerra del Golfo, dopo l’invasione da parte di Saddam Hussein del Kuwait. Diede anche l’ordine di invadere Panama: nel dicembre del 1989, 24.000 soldati americani sbarcarono nel piccolo, ma importantissimo stato del Centroamerica per abbattere il dittatore Manuel Noriega.
Mantenimento del controllo petrolifero sui pasi del Golfo, sottraendoli a influenze russe.
Abbattimento di una dittatura feroce e scomoda.
Bill Clinton (1993-2001, Democratico) inviò e poi ritirò le truppe americane dalla Somalia.
Due anni dopo, ordinò i raid aerei contro i serbi di Bosnia per costringerli a trattare e, dopo gli accordi di Dayton, dispiegò una forza di pace nei Balcani. Nel 1998, in risposta agli attentati di Al Qaeda, per ritorsione fece bombardare obiettivi in Afghanistan e in Sudan.
Un anno dopo, il teatro di guerra tornò ad essere i Balcani: gli Usa furono protagonisti della Guerra del Kosovo e della caduta di Milosevic.
Lotta al terrorismo islamico e sottrazione di un’area dei Balcani all’influenza serba e quindi russa.
George W. Bush (2001-2009, Repubblicano) è il presidente delle due ultime guerre americane (a questo punto, “penultime”) in grande stile: Afghanistan e Iraq come risposta all’attacco delle Torri Gemelle. Se la prima ebbe l’appoggio di quasi tutti gli americani, la seconda invece venne largamente contestata dall’opinione pubblica statunitense e mondiale.
Lotta al terrorismo islamico.
Barack Obama (2009-2017, Democratico) è da subito contrario all’invasione dell’Iraq, eletto per far tornare le truppe a casa da Bagdad e Kabul, e vincitore del Nobel per la Pace, oltre ai noti interventi in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan, ha bombardato anche lo Yemen, la Somalia e il Pakistan. Secondo alcuni analisti è stato il presidente americano che ha tenuto in guerra gli Stati Uniti per più tempo.
Lotta al terrorismo islamico.
Questa breve panoramica degli interventi militari americani ci descrive gli USA come il “poliziotto del mondo” (così sono stati anche chiamati) e ci mostra una vocazione americana alla diffusione e stabilizzazione di un modello di vita occidentale contrario alle dittature, contrario alle ideologie totalitarie ed economicamente distruttive come il comunismo, contrario al fanatismo religioso ed anti israeliano crescente nel mondo islamico.
In definitiva una America in difesa dei VALORI OCCIDENTALI, così sempre descritti.
Questa vocazione ha fatto comodo a qualcuno? Certamente si, ma questo accade sempre, di qualsiasi cosa si tratti: ci sono sempre quelli che ci guadagnano dalle situazioni che si vanno creando. Oggi l’America di Donald Trump pare aver cambiato vocazione, con una ritirata apparente all’interno dei suoi confini, sia sul piano strettamente economico (dazi) che geopolitico (non interventismo), una posizione assolutamente NUOVA, che induce a non pochi sospetti, tra i quali anche quello di TRADIMENTO, di un passaggio al nemico (la Russia) in assenza della tradizionale motivazione comunista, con l’obiettivo apparente di mettere in atto una nuova forma di business mondiale, e si sa, per fare affari bisogna essere in pace.
In pace con TUTTI, anche con i peggiori criminali, a questo punto anche con le mafie.
Lotta alla droga? Forse è meglio mettersi d’accordo per spartirsi il bottino …
Ing. Franco Puglia
24 marzo 2025