IL NUOVO DISORDINE MONDIALE

Eccoli qui, tutti assieme, i “diversamente vassalli” di Pechino, con l’imperatore della Cina, Xi Jing Ping , modestamente su un lato della parata, ma in prima fila.
Un disordine mondiale che si è sviluppato prima nelle coscienze, nel groviglio dei diversi interessi, nella pochezza manifesta di tanti suoi esponenti politici, nell’invecchiamento palese di un mondo occidentale sempre più indebolito, ben rappresentato dalla figura buffonesca del presidente statunitense, capace di moltiplicare le chiacchiere senza poterle tradurre in fatti concreti, un vecchio stupido, vanitoso ed infantile, per fronteggiare la mole dei problemi irrisolti dell’umanità, aggravati dalle scelte demenziali degli ultimi decenni.

E la parata militare voluta da Xi Jing Ping ci restituisce il significato della manifestazione cinese, una dimostrazione di forza che esprime platealmente la volontà di potere dell’attuale autocrazia cinese, che si vuole collocare al vertice della aggregazione dei peggiori paesi del mondo, in testa a tutti quella Korea del Nord che esprime quanto di peggio resta delle vecchie dittature comuniste.

Penosa la partecipazione di un esponente svizzero, Ueli Maurer, a voler esprimere rispetto verso cioò che NON merita rispetto, pantomima di un pacifismo neutrale di un pidocchio sulla groppa di un bufalo. E tutto questo show non è soltanto uno show: è una precisa scelta di campo tra chi crede opportuno salire sul carro dei presunti potenti, costi quel che costi, sperando così di sopravvivere, vaso di coccio tra vasi di ferro, e chi crede di essere ancora un vaso di ferro, ma è un vaso corroso dalla ruggine, consumato dal tempo: America ed Europa. L’Europa più debole e divisa di sempre, a dispetto di quel che vuol fare apparire, con una Ungheria nostalgica dell’Unione Sovietica ed una Slovacchia che forse ne segue la strada. Un’Europa debole, divisa, governata dalla peggiore maggioranza politica possibile, quella della sinistra, di ispirazione cattolica e non, che si occupa da sempre del proprio orticello e di temi irrilevanti e formali, come i tappi di plastica delle bottiglie, imbevuta di un ecologismo di fantasia e di debolezze umanitarie che hanno permesso l’invasione di milioni di disperati da ogni parte del mondo, in un processo graduale, lento, ma progressivo, di sostituzione etnica, prima, politica poi.

E la nostra debolezza è non tanto militare, quanto culturale e tecnologica.
Culturale, perché siamo dominati da una cultura della debolezza, della condiscendenza, di una pietà mal riposta, anche se comprensibile umanamente, che dimentica interamente le ragioni che hanno condotto i tanti diseredati del mondo a ridursi in quelle condizioni, una condizione che riguarda miliardi di esseri umani, che quattro gatti in crollo demografico pretenderebbero di salvare.
Pietà per gli arabi di Gaza, dimenticando i loro applausi per ogni eccidio compiuto dai loro aguzzini, dimenticando che quei medesimi terroristi sono parte della loro gente, che sono i responsabili del sacrificio delle loro vite, dimenticando che li hanno sostenuti e mantenuti al potere in ogni occasione, ma adesso vittime in lacrime, affamati, questuanti, ma non pentiti delle loro scelte.

Ed è, peggio ancora, debolezza tecnologica ed industriale, perché abbiamo ceduto il nostro sapere, TUTTO, alla Cina dell’Imperatore Xi, e non da oggi, ma da molto tempo.
Abbiamo creduto di poter crescere comodamente alle spalle del gigante asiatico che produce tutto per noi a basso costo, accumulando esperienza, sapere, e depauperandoci del nostro saper fare, sempre più inutile perché costoso. Una perdita di sapere, di capacità costruttiva, che ci sta collocando al fondo dello sviluppo, che ci sta rendendo progressivamente vassalli di chi sa fare, sa produrre, e può imporci la sua volontà, gradualmente, progressivamente, con la collaborazione dei soliti vassalli nostrani, pronti ad acclamare il potente di turno, convinti di stare dalla parte giusta della Storia, quella che scrivono i vincitori.

E per uscire da questo incubo che ci sovrasta non paiono esserci soluzioni, se non drammatiche, catastrofiche. Otto miliardi di esseri umani, in aumento, sul pianeta, non esprimono a maggioranza il mondo civile, il mondo occidentale, il mondo democratico, ma quello autocratico delle grandi potenze orientali e dei diversi paesi arretrati del mondo, di cui l’ONU è ormai palese espressione, ben lontano da quella organizzazione mondiale immaginata da quanti lo fondarono.

L’imperativo, oggi, sarebbe quello di tagliare i ponti con questi paesi canaglia tanto presenti sul pianeta, interrompendo ogni rapporto economico con loro, sia in esportazione che in importazione, recuperando la nostra autonomia produttiva a 360°.
Ma è troppo tardi, si doveva fare prima; ormai abbiamo perduto in larga misura il nostro sapere, e non si recupera in breve tempo, e mancano le persone per esprimere questo sapere, perché le più anziane sono fuori gioco, o sono morte, e le più giovani guardano ad altro, al mondo del facile e subito che gli è stato trasmesso nella stagione della facile opulenza. Un mondo palesemente in rapida decadenza, senza sbocchi.

La sola soluzione possibile è drammatica e sanguinosa: si chiama guerra di distruzione, in grado di annientare miliardi di esseri umani, tagliando alla radice lo sviluppo della mala pianta, pagando un prezzo incommensurabile in vite umane. Una guerra di sopravvivenza di una cultura, ed anche di una etnia, nei confronti di altre, con un RESET globale dell’umanità, per poi ricostruire un mondo forse diverso sulle sue macerie.

Sopravvivere, a volte, non ammette la pietà: il predatore selvaggio deve uccidere le sue prede per sopravvivere; o lui o loro. Per gli umani non è tanto diverso, ma le nostre prede, ormai, sono molto più forti di noi, che siamo sempre più deboli, militarmente ma anche eticamente. Siamo prigionieri dei nostri pur giusti valori, ma giusti in astratto, perché forieri di morte in concreto.

Una descrizione pessimistica del nostro mondo? Chiedetelo agli ucraini, ed ai tanti esseri umani che nel mondo sono vittime di questo “disordine mondiale”.

Ing. Franco Puglia – 4 settembre 2025

IL FALLIMENTO DELLE DEMOCRAZIE

Il panorama politico nazionale ed internazionale ci racconta dove sia giunto il cammino dell’umanità dopo secoli e millenni di conflitti e di tentativi infruttuosi di trovare uno sbocco CIVILE alla convivenza degli esseri umani. I regimi politici dei diversi stati del mondo ci mostrano paesi governati da autocrazie più o meno feroci e da democrazie rappresentative più o meno fragili ed inconcludenti.
Osservando ed analizzando i meccanismi umani che conducono alle diverse forme di governo dei popoli, emerge un dato incontrovertibile: la SUDDITANZA DIFFUSA ALLA LEADERSHIP, impersonata dal personaggio emergente del momento, sostituto in terra di quel DIO sovrannaturale a cui, incredibilmente, tanta parte dell’umanità si sottomette da sempre.
La sottomissione al CAPO indiscusso del momento nasce dall’insieme delle incapacità individuali di rendersi interamente responsabili della propria vita e delle proprie scelte, unitamente ad una forma di pigrizia, che induce i più ad occuparsi dell’immediato, lasciando gli sviluppi del vivere ad elementi esterni, ai quali l’individuo si sottomette inconsapevolmente o consapevolmente, oppure si oppone, ma solo verbalmente, come invettiva, non nel concreto dell’azione.
Questa è LA MASSA UMANA, un enorme mix inestricabile di pulsioni, aspirazioni, capacità, idee precostituite, ecc.
I singoli elementi di una popolazione si sono abituati, nel corso del tempo, a non dover più fare affidamento solo su se stessi, ma in larga misura sui propri simili, ciascuno dei quali si occupa di cose specifiche che offre agli altri per un compenso. Questo ha condotto gli esseri umani a delegare a terzi la soluzione dei suoi problemi, che ciascuno, individualmente, non sa o rinuncia a risolvere.
Perciò PAGHI qualcuno perché faccia per tuo conto quello che tu non sai o non vuoi fare.
La generalizzazione di questo atteggiamento all’interno di una qualsiasi organizzazione umana ha condotto alla formazione degli STATI, piccoli o grandi, cioè del SERVIZIO PUBBLICO, inteso in senso lato, a cui viene delegata la risoluzione di problemi non strettamente individuali ma comunque essenziali per ogni individuo.
Questa concezione delegante, sempre più estesa, ha condotto anche al socialismo, inteso come GRANDE MADRE che tiene in grembo il popolo e lo allatta.
Indipendentemente dalla connotazione socialista o capitalista degli stati del mondo, le forme di governo che incontriamo sono DEMOCRAZIE RAPPRESENTATIVE oppure AUTOCRAZIE, magari nate come sbocco di sistemi con una parvenza democratica.
Ma la democrazia, per essere tale, richiede alcuni elementi di base, in assenza dei quali diventa ALTRO e scivola facilmente nelle autocrazie:
– Una cultura di base minima e capacità cognitive non irrilevanti
– Consapevolezza della realtà in cui ciascuno vive e capacità di
restare informati su quanto ti accade intorno.
– Volontà di partecipazione attiva ai processi decisionali collettivi

Questi elementi basilari sono per lo più assenti nella stragrande maggioranza delle popolazioni. La conseguenza è che gli elementi più attivi formano dei piccoli raggruppamenti, I PARTITI, che si propongono come sostituti delle scelte individuali, proponendosi in varie maniere, con una veste ideologica o programmatica.
Questi partiti hanno lo scopo teorico di aiutare la formazione delle opinioni delle persone, informandole, orientandole, per poi confluire tramite loro esponenti negli organi decisionali del paese (Parlamento, ecc). Tutto questo sulla carta. In concreto, poi, i partiti esprimono una organizzazione ben poco democratica, controllata dalle relazioni tra alcuni esponenti che fanno emergere un LEADER al loro interno, il quale diventa l’equivalente dell’AVATAR del partito, ed il partito finisce con il confondersi col leader, che assume sempre più potere in quanto il partito diventa lui, mentre il partito VERO diventa uno strumento solo formale del leader.
E andiamo oltre, perché nella formazione dei governi il leader del partito di maggioranza diventa anche leader di governo, leader del paese. Di qui all’autocrazia il passo è relativamente breve, anche se non sempre immediato.

La differenza più visibile tra le AUTOCRAZIE TOTALITARIE e le DEMOCRAZIE RAPPRESENTATIVE consiste nella totale assenza sostanziale di una struttura di governo e di rappresentanza popolare attorno al leader, mentre nelle democrazie persiste una presenza formale e poco sostanziale di rappresentanza popolare con una maggioranza subordinata al governo del leader di maggioranza, ed una opposizione senza la bocca cucita, come nelle autocrazie, ma senza potere di intervento concreto, salvo eccezioni.
Queste democrazie comunque DEBOLI esercitano il potere conferito, incontrando comunque una serie di ostacoli frapposti da parte dalle opposizioni, e la loro efficacia operativa è spesso scarsa, anche a causa della frammentazione del potere centrale nelle amministrazioni locali, dove al governo può esserci una maggioranza politica diversa da quella statale.
Nell’autocrazia, invece, il potere è TUTTO nelle mani di pochi, e viene esercitato come maggiore immediatezza, e forse anche efficienza, in funzione delle capacità di cui dispone l’oligarchia al potere. La Storia ci racconta che, in genere, il potere autocratico esprime il peggio di un paese, mai il meglio, con i risultati che poi la Storia registra. E che i peggiori riescano ad arrivare al potere sostenuti dalla massa popolare, almeno inizialmente, la dice lunga sulle qualità cognitive della massa popolare.

Questi meccanismi ci spiegano perché l’evoluzione dei sistemi politici dopo il 1945 si stia lentamente spostando verso le autocrazie, mentre le democrazie appaiono sempre più deboli, incapaci di decidere, di assumersi pesanti responsabilità.
Ultima in ordine di tempo l’ascesa al potere di Donald Trump, in quella che era in passato, e forse non è più, la più solida democrazia rappresentativa del mondo. La Russia è da sempre nelle mani di autocrati, sin dal tempo degli Zar, e stessa cosa dicasi per la Cina, ma possiamo aggiungere al novero delle autocrazie molti altri paesi, come la Korea del Nord, l’Iran, la Turchia, buona parte dei paesi nordafricani ed africani, il Venezuela, persino l’Ungheria, con un Orban che non pare fare molto parte del sistema europeo, nonostante l’Ungheria appartenga alla U..E.

Lo scivolamento verso le autocrazie viene sostenuto dalla crescente inadeguatezza democratica dei popoli, e dalla palese impotenza delle democrazie rappresentative a fronteggiare le minacce delle autocrazie, in chiave tanto economica che militare.
Insomma, una prospettiva di sviluppo futuro preoccupante.

Ing. Franco Puglia
20 luglio 2025