LE COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA

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Leggendo i trattati ci si rende conto di come gli stati europei abbiano delegato all’Unione una quantità di incombenze e di responsabilità che svuota di potere gli stati membri, in quasi tutto quello che determina la vita dei popoli delle nazioni. Manca invece ciò che dovrebbe essere il motivo stesso della costituzione di una UNIONE di Stati sovrani, e cioè una politica comune di difesa, ed altre misure che dovrebbero integrare la politica monetaria comune, che in assenza di queste resta zoppa.
Il documento che segue, ricavato dal sommario dei trattati del 2016, fornisce un quadro sintetico della situazione. In pratica l’Unione può sparare direttive su ogni cosa; CHI lo fa? La Commissione Europea ed il Parlamento Europeo che, in astratto, sono espressione di TUTTI gli stati europei, ma in concreto esprimono il risultato di maggioranze elettorali europee formate spesso dallo SCARTO delle candidature politiche nazionali; se i partiti ti trombano per le candidature nazionali ti danno un contentino con la candidatura europea.
Se già i politici nazionali sono “monnezza”, figuriamoci quelli europei.
Ma anche se fossero il meglio disponibile su piazza, esprimono visioni politiche diverse che nei vari paesi d’Europa hanno un peso diverso ma, componendosi nell’Unione, possono determinare prevalenze di orientamento politico Europeo in conflitto con quelle dei singoli stati. Leggendo con attenzione il sommario delle competenze si capisce che nell’Unione il “principio di sussidiarietà” è rovesciato: all’Unione dovrebbero competere solo e soltanto le materie che eccedono la capacità o l’interesse ad una gestione nazionale, come ragionevolmente è il caso della moneta unica e come dovrebbe essere, ma non è, quello della difesa comune e della salvaguardia dei confini, politiche migratorie in testa.
Invece l’Unione avoca a se competenze prevalenti in materie di competenza nazionale, quando non regionale. Ridicola, ad esempio, la competenza sulla salvaguardia dei mari, le cui acque sono INTERNAZIONALI, non appartengono all’Europa, e le acque costiere sono di competenza dei soli stati rivieraschi, specie quando fa comodo, come nel caso dell’immigrazione dal nord Africa.

Oggi l’ingerenza dell’Unione è diventata debordante. I grandi problemi dell’epoca sono stati affrontati in chiave ideologica attribuendo un interesse comune ad interessi che sono, in concreto, locali. La crisi energetica determinata dal conflitto russo-ucraino non ha condotto ad una politica europea di approvvigionamento e distribuzione collettiva delle risorse energetiche, tutt’altro, ed ogni stato ha fatto da se. Può anche andar bene, oppure no, ma se va bene così, allora con quale ratio si pretende poi di dettare quali debbano essere le fonti energetiche da impiegare per alimentare gli automezzi piuttosto che gli impianti termici in genere? Con quale ratio si pretende di stabilire quanta energia debba consumare uno stabile e quali debbano essere le sue fonti di approvvigionamento?
Inoltre queste regole non producono SEMPRE direttive orientate ad armonizzare su base europea, ammesso che abbia senso, e non ne ha, gli interventi nazionali sui vari temi, ma producono direttive orientate da interessi ideologici o di lobbies economiche colluse col potere politico asservito ai loro interessi, anche con la corruzione, come dimostrato di recente.

Il solo modo per NON far ingrassare i predatori è sottrarre loro le prede.
La mangiatoia europea è TROPPO ricca, e questo ha reso la burocrazia europea OBESA oltre misura.
I governi nazionali DEVONO imprimere una SVOLTA RADICALE ai trattati, restituendo libertà ai popoli europei e sottraendo all’invadenza dell’Unione una infinità di materie e di risorse economiche dedicate.
L’Unione deve occuparsi SOLO E SOLTANTO dei grandi temi, per i quali sia utile se non indispensabile una dimensione sovranazionale, una dimensione europea, quando non transatlantica, con buona pace deli anti-americani. Tutto il resto è, e DEVE ESSERE, di competenza degli stati nazionali e, prima ancora, delle comunità locali, ogniqualvolta sia possibile.

Ing. Franco Puglia
21 aprile 2023

RIFLESSIONI SULL’UOMO E SUL MONDO DIGITALE

La scienza e la tecnologia sono come una locomotiva che viaggia a tutta velocità su un binario, ma in cui manca il macchinista, mentre qualcuno, fuori dal treno, manovra gli scambi dei binari e dirige la locomotiva da una parte o dall’altra.
E la locomotiva accelera sempre, e nessuno sa dire se, ad una curva più stretta delle altre, finirà col deragliare.

La tecnologia, che è la traduzione in termini operativi di soluzioni scientifiche, è stata da sempre un incredibile ausilio per l’essere umano, e lo ha condotto allo STATUS in cui oggi si trova, ben diverso da quello dei primi esseri umani.
Lo scopo della tecnologia è sempre stato, ed in astratto è ancora, quello di AIUTARE gli esseri umani a realizzare la felicità, sottraendoli ai lavori più gravosi e ad ogni fonte di rischio per la propria vita. La tecnologia è un moltiplicatore della capacità di lavoro individuale del singolo essere umano, e ne aumenta a dismisura la sua PRODUTTIVITA’.

Il FINE ULTIMO, però, dovrebbe restare l’essere umano, non la capacità della tecnologia e neppure la produttività fine a se stessa. Bene: questa finalità è passata in terz’ordine, se non è stata addirittura dimenticata.
Il mondo della produzione cerca di ridurre i suoi costi di produzione per essere più competitivo, specie da quando è stato creato il mercato globale. Come farlo?
La risposta è stata: aumentando la capitalizzazione delle aziende, in chiave di infrastrutture tecnologiche, riducendo al contempo la dipendenza dalla componente umana.
Ha funzionato? Certo che si. Ridurre la produzione di una macchina è facile; anche fermarla, se serve; gli esseri umani, i dipendenti, non si possono SPEGNERE …
Non solo: si è cercato per quanto possibile di rendere i dipendenti intercambiabili, non indispensabili, quindi abbastanza de-specializzati da poter ricorrere a chiunque per la mansione da svolgere, pagandolo il meno possibile.
Non è sempre possibile: serve ancora una manodopera altamente specializzata per far funzionare, se non per progettare, le macchine complesse che il mercato richiede.
E questa manodopera si trova sempre meno, mentre quella de-specializzata è in eccesso.

Questo è un aspetto. L’altro aspetto è l’infrastruttura aziendale ed i suoi canali di comunicazione con l’esterno. Anche qui l’automazione la fa da padrone.
Al telefono non risponde più una persona, ma un processore: ti offre una serie di scelte per comunicare con chi ti serve, sia esso un altro processore o un essere umano in carne ed ossa. Richiede tempo e non sempre ti conduce in porto.
Non solo: anche quando ti risponde una persona, dall’altra parte del “filo” telefonico, non si tratta di una persona “responsabile” che recepisca il tuo quesito e possa decidere la risposta: più spesso si tratta di un operatore privo di qualsiasi potere decisionale.
E ciascuno, in azienda, macchina o essere umano che sia, risponde a delle REGOLE, e non decide in autonomia e sotto la sua responsabilità.
E se anche arrivi al CEO, all’Amministratore Delegato, è facile che questo non possa cambiare politica aziendale a seguito del tuo stimolo, perché obbedisce anche lui a delle REGOLE, e se non le segue viene, molto semplicemente, sostituito.
Chi comanda è il SISTEMA, ed il sistema non ha padroni: risponde solo agli azionisti, che possono essere parecchi, troppi, nessuno con abbastanza potere decisionale, tutti interessati soltanto al funzionamento della macchina aziendale ed alla sua redditività.
L’ETICA aziendale, l’etica del lavoro, l’etica umana, sono morte e sepolte.

Non tutte le aziende sono così? Certo che no: le aziende più piccole rispondono ancora a logiche diverse, ANTIQUATE … Ma i grandi gruppi?
Il problema GRAVE è che questa CULTURA DELLA SOSTITUZIONE UMANA si sta diffondendo a velocità molto elevata, e pretende di sostituire le capacità cognitive umane con quelle di MACCHINE INTELLIGENTI, grazie allo sviluppo degli studi sulla cosiddetta INTELLIGENZA ARTIFICIALE.
Non pensare, non ragionare (tanto non ne sei più capace): qualcuno lo farà per te.
E questi strumenti suscitano anche l’entusiasmo dei meno attrezzato sotto il profilo cognitivo.
Chi detiene il potere ha sempre cercato di mantenere le grandi masse nell’ignoranza, perché più facilmente indottrinabili e controllabili. Un tempo gli strumenti per farlo erano rudimentali (la piazza): oggi abbiamo da decenni la TV e adesso la RETE ed i MEDIA in genere, che fanno da cassa di risonanza ai percorsi indicati dal Potere, e dai grandi portatori di interesse che lo esprimono.

Tutto questo ci conduce a velocità sempre più elevata VERSO IL DISASTRO.
1. Perché i cittadini consumatori vengono respinti sempre di più verso le aree a basso reddito, grazie al lavoro svalorizzato.
2. Perché masse crescenti di cittadini scivolano nella fascia assistenziale, che grava sulle tasche di tutti i produttori di reddito.
3. Perché i consumi si orientano in maniera crescente verso la fascia ad alto reddito dei consumatori, che però e numericamente minoritaria, e quindi, in prospettiva, porta ad una riduzione della base di consumo, quindi della produzione, quindi dei redditi nel loro insieme.
4. Perché il degrado culturale e cognitivo, che inizia già nella formazione scolastica e prosegue poi con il lavoro, riduce la base culturale di sostegno dell’attività economica e quindi mina le basi stesse del modello di sviluppo su cui si fonda questo nostro mondo tecnologico.

Si può uscire da questa spirale perversa? Forse si, e forse no, perché le forze in gioco che muovono il sistema sono immense e quanti, in teoria, hanno in mano le leve di comando politiche non sono all’altezza di comprendere la portata dei fenomeni in atto.

Questa è la realtà ingravescente nella quale siamo immersi e di fronte alla quale ciascuno di noi è impotente. La sola risposta possibile è la CONSAPEVOLEZZA DI TUTTI, per poi convergere verso una risposta politica in grado di fronteggiare i fenomeni.

Ing. Franco Puglia
5 marzo 2023