LA CULTURA ISLAMICA ED I CONFLITTI DEL NOSTRO SECOLO

L’Islam dovrebbe essere una RELIGIONE, ma è soprattutto una cultura politica, che affonda le sue radici nella Storia dei popoli delle regioni nordafricane, da cui ha origine.
L’ispirazione religiosa monoteistica, derivata da quella cristiana, è irrilevante ai fini della comprensione dell’Islam. Tutte le religioni, nessuna esclusa, affondano le loro radici nella cultura originaria della popolazione del territorio in cui hanno avuto origine.
I popoli nordafricani vivono, notoriamente, in territori difficili, prevalentemente desertici, con poche risorse alimentari, scarsità di acqua e di selvaggina con cui nutrirsi, contrariamente ad altri territori del mondo. Per questo motivo i primi insediamenti umani in quei territori si sono raccolti attorno alle sorgenti d’acqua, dove questa si poteva raggiungere scavando dei pozzi, preziosi, da difendere anche a costo della vita.
E poi una agricoltura povera, e l’allevamento di ovini, che si accontentano di erba povera come alimento per sopravvivere. In queste popolazioni la sola forma possibile di organizzazione sociale era quella tribale: piccole comunità governate da una figura maschile dominante, formate da uomini che collaboravano tra loro pur difendendo la povera proprietà familiare, unica fonte di sostentamento. Donne prive di ogni ruolo di potere, biologicamente predestinate alla procreazione, alla cura della prole, ai lavori domestici. Schiave …

Anche altrove, in passato, le cose non andavano molto diversamente, ma in territori più ricchi di risorse naturali lo sviluppo produttivo, economico e sociale poteva essere più rapido e meno povero. In ogni caso l’organizzazione sociale era analoga, ma i gruppi umani molto più numerosi (villaggi, città, stati) .
In Nord Africa, territorio povero per sua natura, le cose non si sono mai evolute, sino alla scoperta del petrolio. In precedenza, sotto lo stimolo politico religioso dell’Islam, queste popolazioni hanno avuto un periodo di espansione territoriale che le ha condotte a ricercare altrove fonti di ricchezza, in Oriente come nel sud europeo.
E’ stata l’epoca dello sviluppo culturale islamico, ma in seguito ….

Nel ‘900, la scoperta dei pozzi petroliferi sotto le sabbie dei deserti ha cambiato la faccia di questo mondo arcaico, ma solo per pochi, solo di facciata, non nella sostanza.
La cultura non è cambiata, imprigionata nelle regole ferree di una religione nata con obiettivi ben diversi da quelli compatibili col nostro tempo. Non solo: c’è stata una prima fase di apertura, determinata dalla dilagante ricchezza petrolifera e dai crescenti rapporti col mondo occidentale, ma poi le porte si sono richiuse, si è prodotto un rigetto del mondo occidentale con un ritorno diffuso ad un Islam integralista.
Infatti la ricchezza non ha coinvolto tutti in quei paesi, ma è sta accentrata a dismisura nei poteri tribali tradizionali che governavano, ed ancora governano, queste comunità umane.
Il ritorno all’integrale rispetto del dettato musulmano ha riportato indietro le lancette dell’orologio, ha restituito le donne al loro regime di sottomissione totale, enfatizzata dall’abbigliamento monacale, che era stato largamente abbandonato, ed ha prodotto una diffusa ostilità verso la cultura occidentale, mentre anche all’interno del mondo musulmano le diverse tendenze a sfondo religioso si sono radicalizzate (Sunniti, Sciti, ecc).

Nonostante la ricchezza immensa offerta dai giacimenti petroliferi, questi paesi non sono riusciti ad evolvere, economicamente e socialmente. I governi sono rimasti ancorati alla concezione totalitaria del potere, con tutto quello che l’accompagna, cioè l’atteggiamento bellicoso nei confronti dei vicini, la militarizzazione spinta, a sostegno del potere, e tutto quel che segue. Le condizioni di vita in questi paesi sono rimaste povere, ed hanno prodotto una tensione migratoria crescente verso quell’Occidente non amato, ma ricercato per le prospettive di crescita che offre. Ma la cultura che accompagna i migranti non è cambiata.

Dopo il 1945, con il reinsediamento degli Ebrei in Palestina, e la costruzione dello Stato di Israele, il conflitto che è sorto immediatamente tra i nuovi arrivati e le popolazioni arabe locali ha determinato quello che ben conosciamo, e che si è tradotto nell’incendio di Gaza dei giorni nostri. Ma da molti anni il conflitto arabo-israeliano ha determinato la radicalizzazione delle posizioni e la produzione di nuclei di terroristi islamici un poco ovunque nel mondo. Il mondo occidentale avanzato è stato gradualmente contaminato da queste e da altre popolazioni di migranti, portatori di culture diverse, poco compatibili tra loro. La maggiore incompatibilità è certamente quella tra occidentali originari e musulmani, perché si tratta dell’impronta culturale più lontana dalla nostra rispetto a tutte le altre.

Il conflitto a Gaza, dove gli Israeliani stanno radendo al suolo la città, per cancellare una volta e per sempre questo conglomerato di terrorismo arabo organizzato (Hamas) ha tuttavia prodotto quello che Hamas si aspettava, ed a cui puntava, collaborando di fatto alla decimazione del suo stesso popolo in un conflitto senza vie d’uscita.
L’esodo della popolazione di Gaza verso il nulla, mentre i “fratelli musulmani” di Egitto e degli altri paesi arabi li respingono, stimolerà nuovi flussi migratori di questa gente verso l’Europa, con l’appoggio neppure velato di tanta parte della popolazione minus habens europea che ha il cuore ferito dalle sofferenze di queste genti, complici degli orrori di Hamas, che hanno applaudito, invece di cercare di opporsi. Ed i comandamenti “umanitari” del mondo civile impediranno ai governi di ostacolare duramente questi flussi, rispedendoli al mittente, ed a quanti hanno contribuito nel corso del tempo a FORMARE i sentimenti di questa gente in chiave anti-israeliana, sacrificando loro, invece di rischiare in prima persona.
E noi Europei ci ritroveremo alle porte di casa il peggio del mondo arabo, quelli che neppure loro vogliono, ma che i minus habens di casa nostra sono pronti ad accogliere, non a casa loro, naturalmente, ma a casa degli altri, come sempre.

Ing. Franco Puglia
21 settembre 2025

DEGRADO SOCIALE E POLITICO DELL’UMANITA’

Siamo nel 2025, un’epoca in cui i conflitti armati avrebbero già dovuto scomparire da un pezzo, e la fame nel mondo non dovrebbe più esistere, mentre invece persistono entrambe, guerre, fame, ed insufficienza civile dei popoli del pianeta, in presenza di un crollo cognitivo verticale, alla faccia dello sviluppo culturale che solo in teoria dovrebbe riguardare tutti i popoli del pianeta.
La fotografia mostra arabi di Gaza alla ricerca disperata di cibo con cui riempire del pentolame, per sfamare molte pace vuote.
Una tragedia umana strumentalizzata da fazioni politiche di mezzo mondo, che esprime una realtà tragica, ma ne ignora totalmente le cause. La fotografia mostra giovani uomini che mendicano cibo dalle organizzazioni umanitarie, gente giovane, in età da lavoro, ma che non lavora (dove potrebbe adesso?) e con ogni probabilità non ha mai lavorato e non sa fare nulla, perché a Gaza la popolazione è sempre vissuta di aiuti internazionali e di sovvenzioni per sostenere la lotta armata contro Israele, che dopo gli eventi del 7 ottobre 2023 con conseguente uccisione di 1200 civili e militari israeliani ed il rapimento di circa 250 di questi, nel territorio di Israele, pianificato ed operato da Hamas, ha condotto a questa guerra di quasi sterminio da parte dello stato ebraico nei confronti della popolazione di Gaza, che durante questi quasi due anni ha continuato a coprire le spalle di Hamas, facendosi ammazzare, facendo da scudo ai terroristi, quando ormai le risorse missilistiche iniziali di Hamas, che dopo il 7 ottobre del 2023 aveva iniziato a bombardare il territorio israeliano, si sono esaurite.

E paradossalmente questa follia omicida araba nata già alla fine della seconda guerra mondiale, con i primi insediamenti ebraici, viene premiata con il sostegno di larga parte dell’opinione pubblica mondiale e delle forze politiche ipocrite di numerosissimi paesi, che chiedono la resa di Israele, con il ritiro delle truppe e la cessazione dei bombardamenti, tutti sconvolti dal dramma umano degli sconfitti arabi che, peraltro, non si arrendono, preferendo andare incontro ad una morte certa, da pallottole, crolli di edifici o fame.
In pratica il messaggio politico più diffuso recita:
se il tuo nemico sconfitto non si arrende, arrenditi tu, perché non puoi produrre più morti di quanti il nemico ne abbia inflitte a te.

E l’ipocrisia internazionale non si ferma qui, perché pretende la resa israeliana ed afferma il riconoscimento di uno stato palestinese, che tuttavia NON ESISTE, perché prima viene la formazione di uno stato, e soltanto dopo lo puoi riconoscere, o meno.
E questa demenza politica, oltre a sorvolare su questa elementare realtà della necessità di un preciso e ben delimitato territorio, soggetto ad una sovranità politica espressa in termini organizzativi e gestionali reali e riconoscibili, dimentica completamente che nel Nord Africa, con poche eccezioni, gli “stati” sono aggregati tribali soggetti all’autorità di uno sceicco, o emiro, come gli emirati arabi tutti, a partire dal Qatar. Poi ci sono anche stati arabi veri e propri, come l’Egitto, e tutti quanti, mi pare senza eccezioni, sono sottoposti ad una autorità monocratica, ad una dittatura con appoggio militare più o meno esplicito. Il Medio Oriente è questo, e nient’altro.

E quale sarebbe il territorio dello “stato palestinese” ?
E CHI sarebbe lo sceicco in grado di esercitare un potere monocratico su tutta quella popolazione, riducendo ai minimi termini i vari potentati tribali sotto il suo controllo?
E questo ipotetico “stato palestinese” cesserebbe per sempre, con credibile certezza, le sue ostilità verso Israele, oppure no?
E CHI è in grado di garantire che questa nuova entità politica agisca in futuro secondo le aspettative pacifiche che i promotori immaginano?
E con quali risorse si sosterrà questa il popolo di questo nuovo stato? I sussidi internazionali di sempre? Perché uno STATO, per dirsi tale, deve anche avere delle risorse economiche proprie, deve avere una capacità produttiva, alimentare in primo luogo, e la capacità di produrre merci esportabili altrove, per produrre un reddito con cui fare fronte alle proprie importazioni.
Tra gli arabi di Gaza cosa troviamo? Capacità lavorative e saper fare che consentano loro di vivere autonomamente? E perché non le hanno sfruttate prima?

La realtà brutale è che ci troviamo davanti ad una popolazione di esseri umani che di umano hanno ormai ben poco, se non l’aspetto, determinati a sopravvivere pur che sia, e pronti anche a morire, pur tra le lacrime di coccodrillo, gente che nessuno vuole, che i “fratelli musulmani” degli altri paesi arabi si rifiutano di accogliere, mentre sarebbe la sola soluzione, sparpagliare due milioni di arabi tra alcune decine di milioni di altri arabi con cui condividono cultura, lingua, religione, stili di vita.
Ma i paesi arabi, che tanto deplorano il “genocidio” di Gaza, non accorrono per offrire un rifugio ai fratelli arabi nei loro territori, non li ospitano nelle loro case, non li aiutano a trovare un lavoro che gli permetta di autosostentarsi: no, lasciano che muoiano di fame o di pallottole, offrendo loro un’ottima scusa per alimentare l’odio anti ebraico ed anti occidentale.

Ing. Franco Puglia
13 agosto 2025