TRA CAROTE E BASTONI SANZIONI DI TRUMP ALLA RUSSIA

Il gatto e la volpe giocano alla pace, ma hanno obiettivi diversi.
Trump lo aveva annunciato: “Sanzioni devastanti per la Russia se non accetta la tregua”.
E le prime misure sono già arrivate. Gli Stati Uniti hanno infatti inasprito le restrizioni contro Mosca, colpendo i settori strategici del petrolio, del gas e della finanza.
Secondo la Cbs, l’amministrazione Trump ha scelto di non rinnovare le esenzioni concesse a gennaio da Biden, che fino ad ora avevano permesso ad alcune banche russe di continuare a effettuare transazioni energetiche attraverso i sistemi di pagamento statunitensi. Con la revoca della deroga, istituti finanziari di primo piano come Sberbank, VTB Bank, Alfa-Bank e la stessa Banca Centrale della Russia sono stati esclusi dal sistema finanziario americano, rendendo più complesso per Mosca gestire le proprie operazioni internazionali nel settore energetico.
Le nuove restrizioni rendono più difficile per altri Paesi acquistare petrolio russo, il che potrebbe portare a un aumento del prezzo del greggio fino a cinque dollari al barile.
Dopo settimane di stabilità nei mercati energetici, la mossa statunitense potrebbe determinare un’impennata dei costi, influenzando la bilancia commerciale globale e aumentando la pressione economica su Mosca.

Il pressing su Mosca

Le sanzioni si inseriscono in un quadro più ampio di pressioni diplomatiche americane, volte a convincere la Russia ad accettare una tregua di 30 giorni per porre fine alla guerra in Ucraina. “Stiamo avendo discussioni molto serie con il presidente Putin e altri”, ha dichiarato Trump, lasciando intendere che i negoziati sono in corso.

Da Mosca, la risposta di Putin è stata ambigua. Pur affermando che una tregua è necessaria, ha insistito sulla necessità di soluzioni che portino a una pace duratura.
Il Cremlino ha sottolineato che a tal fine alcune questioni restano irrisolte, tra cui la situazione nella regione di Kursk, dove le forze russe avrebbero accerchiato unità ucraine, la questione del disarmo ucraino come condizione per una pace duratura, mentre la Russia potrebbe inglobare tutti i territori ucraini occupati. Inoltre niente Nato, e niente forze militari straniere sul terreno. Insomma un’Ucraina debole e neutrale, sempre in balia degli umori russi.

Secondo Putin, Kiev potrebbe usare il cessate il fuoco per riorganizzarsi militarmente, rendendo la tregua più vantaggiosa per l’Ucraina che per la Russia.
Secondo Mikhailo Podolyak, consigliere dell’ufficio presidenziale ucraino, la posizione di Putin dimostra che Mosca non ha intenzione di fermare il conflitto, parlando di pace, ma ponendo condizioni che la rendono impossibile.
Anche il consigliere diplomatico di Putin, Yuri Ushakov, ha espresso scetticismo sulla proposta americana, affermando che un cessate il fuoco temporaneo non porterebbe a una soluzione duratura e favorirebbe solo Kiev.

In concreto la prospettiva di una tregua, alle condizioni immaginate da Trump, non appare credibile, e questo mette in difficoltà più Trump che Putin, perché è stato Trump a voler dare ad intendere che la pace fosse dietro l’angolo, e che bastasse la sua presenza a garantire un facile ed immediato accordo. La credibilità di Trump è fondata sull’attuazione delle sue tante esternazioni, carte di un castello fragile perché fondato sul nulla.
Come reagirà Trump alla delusione derivante dalle sue sparate senza effetti? Difficile dirlo: l’uomo ritratta con la massima facilità, ma potrebbe anche irritarsi e commettere altre sciocchezze. Se fossero sciocchezze militari potrebbe essere un problema serio !

Ing. Franco Puglia
14 marzo 2025

I giacimenti di materie prime ucraine che fanno gola a Trump

Tra i più importanti giacimenti di materie prime critiche presenti sul territorio ucraino abbiamo:

  • terre rare, che comprendono 17 elementi chimici tra cui europio, lutezio e cerio, utilizzate nella realizzazione di smartphone e auto elettriche, computer e turbine eoliche; in Ucraina si stima che le riserve di terre rare contenute nel giacimento di Azov superino quelle dei più importanti giacimenti del Nord America, anche se attualmente non vengono ancora sfruttate;
  • litio, presente nei giacimenti della regione di Donetsk, in Ucraina orientale, e a Kirovograd, nella sua parte centrale (si stima che il Paese ne ospiti 500.000 tonnellate); il litio è fondamentale nella produzione di batterie ricaricabili e nell’immagazzinamento dell’energia generata da fonti rinnovabili;
  • titanio, che trova impiego soprattutto nell’industria aeronautica e aerospaziale, nel settore medico e nella produzione di cementi; l’Ucraina ospita le più grandi riserve di titanio in Europa e il 7% di quelle mondiali;
  • grafite, di cui l’Ucraina detiene ben il 20% delle riserve mondiali e che, tra le molte applicazioni, trova impiego negli impianti elettrici e nucleari;
  • gallio, di cui l’Ucraina è il quinto produttore mondiale e che è essenziale per produrre semiconduttori e LED;
  • berillio, presente nei depositi di Perha, nel nord-ovest del Paese e utilizzato in particolare nei settori medico, nucleare ed elettronico. Tutte queste materie prime si trovano in larga misura collocate nella regione sud orientale del paese, quello attualmente sotto occupazione russa. Mettiamo da parte per un momento l’atteggiamento ricattatorio di Donald Trump, che pretende di mettere un’ipoteca su ricchezze minerarie del paese (500 miliardi di $ !!!) per recuperare le spese militari sin qui profuse (Pagate come? A debito. E nelle tasche di chi sono finiti quei soldi? Industria bellica americana? Ma guarda … )

I territori in cui si trovano quelle materie prime sono sotto il controllo russo. I russi sono interessati almeno quanto gli americani allo sfruttamento di quelle risorse.
E allora come fa Zelensky a cedere agli americani qualcosa che, al momento, non gli appartiene più, se è vero che le condizioni di una pace con la Russia prevedono ormai la cessione definitiva di quei territori ai russi? O Trump intende arrivare ad un accordo con Putin per spartirsi da buoni amici il bottino? Formalmente, però, quei territori sono ancora ucraini, ancorché in mano russa. Per poterli sfruttare gli americani devono mettere piede in quelle regioni e cominciare a lavorarci dentro.
E in che modo, se ci sono i russi? I conti non tornano.
O russi ed americani si mettono d’accordo per uno sfruttamento congiunto, oppure entrano direttamente in conflitto per l’occupazione finalizzata di quei territori.
E’ mai possibile che Trump voglia cogliere la scusa del suo diritto di sfruttamento di quei giacimenti, concessogli dal legittimo governo ucraino, per imporre ai russi di abbandonare subito quei territori? Oppure il genio che occupa la più importante poltrona di Washington non sa fare 2+2.

Ing. Franco Puglia

22 febbraio 2025