Noi blateriamo spesso di democrazia, ma la democrazia, in verità, non ci piace, neppure quando vogliamo far credere di essere dei democratici, anche a noi stessi.
In verità la democrazia, per potersi dire tale, deve essere coniugata con la libertà individuale.
Ma come si concilia la libertà individuale con le scelte di gruppo?
Il gruppo non ammette il dissenso, o meglio, lo tollera ma lo costringe entro i limiti della “dittatura della maggioranza” , che viene chiamata democrazia, ma tale non è.
Ora, in un qualsiasi processo decisionale all’interno di un gruppo è lecito attendersi una pluralità di opinioni, che debbono confrontarsi, e che si pretende che convergano SEMPRE in una sola scelta condivisa, approvata a maggioranza.
Ma è sempre giusto che funzioni così? No.
In politica, ad esempio, nei movimenti politici, gli esponenti di tali movimenti puntano ad esprimere una posizione politica univoca, una sola scelta condivisa, espressione della maggioranza prevalente.
Siccome l’unanimità è virtualmente impossibile, salvo casi eccezionali, è evidente che questo determini la formazione di una minoranza interna, che si coagula attorno ad una posizione diversa e determina una fronda interna, sempre dannosa.
Ma è davvero così indispensabile che dal movimento politico emerga una sola posizione univoca? No. Non solo non è indispensabile, ma può essere persino controproducente.
Infatti una posizione univoca, espressa verso l’esterno, determina l’adesione di una parte dei simpatizzanti, ma di altri no.
Quindi si limita il consenso, laddove potrebbe essere ampliato, senza con questo snaturare l’idea di fondo sulla quale il movimento politico si è formato.
Non solo: la contrapposizione tra maggioranza ed opposizione interna determina conflitti, fratture, posizioni dominanti, che esercitano un potere all’interno del movimento, per finalità individuali o di gruppo, ma non condivise da tutti.
Questa forma di democrazia interna, di tipo monocratico, ancorché collegiale, non esprime una vera democrazia, che invece deve dare il massimo spazio a TUTTE le posizioni all’interno di una sola linea di fondo, fondativa, irrinunciabile, ma pur sempre plurale nei contenuti e nelle persone che li esprimono in piena libertà, con il contributo della credibilità personale di chi le esprime, senza limitazioni di sorta, in una concorrenza di idee e sostegno umano che qualifica la vera natura democratica del movimento, senza travestimenti.
Perché ad un movimento politico fintamente democratico è preferibile un movimento espresso da un leader carismatico che esprime in se tutto il potere, ma ha almeno il pregio della chiarezza, perché le scelte dei cittadini si polarizzano su un solo personaggio, che garantisce per tutti gli altri, altri da cui poi dipenderà anche il suo gradimento.
Noi Italiani oscilliamo da sempre tra scelte autoritarie (il fascismo ne è stata la massima espressione recente) e scelte finto democratiche (tutti i nostri partiti, nessuno escluso, dal 1945 in poi). Ed anche i piccoli movimenti politici non sono immuni a questo contagio, in un senso o nell’altro, mentre l’opzione autenticamente democratica non viene compresa, e neppure concepita, tanto legate sono le persone alla loro esperienza di vita.
Le devianze da una corretta impostazione di partenza, spesso, non sono neppure visibili.
Tutto appare normale mentre invece, sotto traccia, si esprimono dinamiche diverse, le regole interne vengono aggirate, dimenticate, e la deriva monocratica prosegue indisturbata, con il sostegno dei gruppi prevalenti, espressione di una concezione politica snaturata dal bisogno di “controllo” , tipico degli esseri umani, che è il più grande nemico della libertà.