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Informazioni su Ing. Franco Puglia

Ingegnere elettronico, imprenditore in pensione, ex dirigente locale di FARE per fermare il declino, oggi free lance e promotore di una politica ALTERNATIVA.

I NUMERI DELL’UNIONE EUROPEA

Questi numeri rappresentano la popolazione europea.
Quasi 450 milioni di abitanti suddivisi tra 27 paesi.
Una unione tra popoli che si trova oggi davanti alla più grande sfida mai affrontata dal momento della sua costituzione: camminare da sola, con le proprie gambe in un mondo ostile, che conta circa 8 miliardi di esseri umani, un mondo formato da nazioni su cui non possiamo contare, partendo, purtroppo, dagli USA, nostri alleati tradizionali, che oggi appaiono più nemici che amici, con Donald Trump. Una sfida che non si può affrontare con gli strumenti attuali, una UNIONE che deve fare un grande passo in avanti per diventare una FEDERAZIONE dei popoli liberi europei.

Per fare il grande balzo in avanti serve ricostruire di sana pianta gli accordi tra gli stati, dando a ciascuno il peso decisionale che può pretendere, perché non ha senso che la Germania, con 83 milioni di abitanti, pesi quanto Cipro, che ne ha poco più di un milione, e non ha senso la pretesa di UNANIMITA’ nelle grandi scelte.
La ristrutturazione radicale dell’impianto europeo richiede decisioni rapide, sulla base di un consenso che non può prevedere diritti di veto da parte di alcuno, ed in cui i pesi dei popoli nelle scelte siano proporzionali al peso demografico ed a quello degli orientamenti politici. Come si vede dalla tavola, cinque paesi esprimono da soli i due terzi della popolazione europea. Altri 9 paesi si collocano tra il 2% ed il 5% quanto a peso demografico, mentre i 13 paesi che restano non arrivano tutti assieme al 10%.
Le scelte della Federazione dei popoli europei devono avere una duplice rappresentatività: quella determinata dal peso demografico e quella determinata dal peso delle formazioni politiche omogenee.
Questi due pesi vanno calibrati ed equilibrati.
E’ evidente che popoli tanto diversi per storia, attitudini, abitudini di vita, interessi, abbiano gravi difficoltà a produrre scelte che siano compatibili con le aspettative di tutti.
Per far si che la federazione si regga e sia capace di operare, occorre distinguere e separare le scelte di ordine sovranazionale da quelle di ordine strettamene locale, che debbono competere a ciascuna nazione europea in piena autonomia.
Ed è evidente che il peso demografico debba essere prevalente nelle grandi scelte della federazione, pur con una correzione determinata dalla somma degli orientamenti politici coerenti tra loro dei vari stati europei.

Si tratta di un grande cambiamento che deve iniziare da un primo accordo tra quei 5 grandi paesi, aggiungendo auspicabilmente la Gran Bretagna, che non ha senso stia fuori della comunità europea, di cui fa parte da secoli, pur all’interno di quella conflittualità che ha devastato l’Europa sino al 1945.
Questo accordo deve avere due caratteristiche:
1. Essere IMPOSITIVO, nel senso che non deve essere discutibile da parte delle altre nazioni europee che ne vogliano fare parte, e deve riguardare solo e soltanto materie prioritarie, di ordine sovranazionale e geopolitico, non di interesse pertinente alla sfera sociale. In altre parole, le regole debbono essere al di sopra ed al di fuori delle ideologie del nostro tempo.
2. Deve avere un carattere finanziario e difensivo, cioè deve avere autorità indiscussa su alcune materie fondamentali:
a) Difesa territoriale, di TUTTI i paesi che fanno parte della Federazione, intesa come difesa dei confini, inviolabili, da chi non fa parte della Federazione, sia in tempo di pace che di guerra, ricorrendo ad una organizzazione militare propria, che deve sostituire la NATO, ed all’armamento della quale dovranno contribuire TUTTI i paesi membri, in proporzione alla loro popolazione ed al loro PIL.
Dovrà esistere un solo comando militare unificato.
I centri di comando e le infrastrutture saranno dislocate nei paesi che si affacciano sui confini di terra e di mare della Federazione. L’immigrazione verrà controllata dal comando militare unificato.
b) Moneta unica europea, che già esiste e che diventerà la moneta unica della Federazione.
c) Governance europea centralizzata delle finanze europee, con una banca centrale di emissione, una BCE trasformata, più simile alla FED o alla banca centrale svizzera. Indebitamento federale per fare fronte ai grandi investimenti della federazione, e imposizione fiscale federale, uguale per tutti in termini di peso pro capite.
Indebitamento locale dei singoli stati e/o delle regioni che li costituiscono NON coperto dal debito federale.
Disponendo di una moneta unica, le banche centrali dei singoli stati saranno trasformate in succursali dell’unica banca centrale europea.
Significa che i “titoli di stato” saranno emissioni riconosciute solo e soltanto alla Banca Centrale Europea, mentre le amministrazioni dei singoli stati potranno emettere titoli di debito senza copertura federale, ai tassi di mercato, come qualsiasi obbligazione industriale o finanziaria privata. In altre parole: gli Stati federati europei potranno spendere soltanto i soldi che hanno, non quelli che NON hanno, e potranno fallire, condizione che potrebbe produrre la loro espulsione dalla Federazione.
d) Giustizia l’ordinamento giudiziario civile e penale della federazione dovrà essere ricostruito, armonizzando gli ordinamenti civili e giudiziari dei primi 5 membri della Federazione, ed a tale ordinamento dovranno conformarsi TUTTI gli stati della federazione. UNA SOLA GIUSTIZIA, per tutti i popoli europei.
Tutti i testi di legge dovranno essere tradotti in lingua inglese, e dove sussistano dubbi interpretativi, prevarrà la versione inglese.

La forma di governo.
Il governo della Federazione sarà assicurato da un direttivo di 130 delegati, 30 per la Francia, 35 per la Germania, 27 per l’Italia, 22 per la Spagna e 16 per la Polonia.
Ciascun paese eleggerà i delegati tra i candidati che le forze politiche di ciascun paese presenteranno. Gli eletti nomineranno tra loro un presidente, che sarà il Presidente di tutti i paesi federati.
Il Governo federale sarà composto da 4 elementi:
– Il Presidente della Federazione
– Il ministro della Difesa e delle politiche migratorie
– Il ministro delle Finanze
– Il ministro della Giustizia

La forma politica più allargata della Federazione sarà espressa da un Parlamento federale, composto oggi da poco meno di 450 membri: un membro elettivo per ogni milione di abitanti.
Le funzioni di questo Parlamento saranno:
– la formulazione di proposte di legge al governo, esclusivamente per le tre materie federali a cui corrisponde un ministro.
– L’approvazione, o meno, dei decreti legge proposti dal Governo, nelle tre materie di competenza federale.
I decreti legge si intenderanno convertiti in legge se approvati dal Parlamento, senza modifiche, oppure se approvati dal Governo dopo le modifiche proposte dal Parlamento.

Tutte le materie che non rientrano espressamente nelle competenze federali saranno a carico dei governi nazionali dei singoli stati, che avranno piena autonomia legislativa e fiscale su ogni altra materia di interesse civile, ma non finanziario, giuridico e politico militare.
Una sola LEGGE FEDERALE per TUTTI gli Europei.
Una sola GIUSTIZIA per tutti gli europei.
Una sola FINANZA PUBBLICA garantita per tutti gli europei.
Le leggi federali non potranno mai interferire con quelle nazionali, come quelle nazionali non potranno mai essere conflittuali con quelle federali. In particolar modo, la Giustizia, sia civile che penale, dovrà avere un carattere universale all’interno della Federazione, ed i reati saranno punibili con le medesime pene in qualsiasi stato della Federazione, e ciascuno sarà tenuto ad intervenire perseguendo i reati civili come penali, indipendentemente dalla nazionalità dell’imputato.

Questi mi paiono essere gli elementi essenziali di un nuovo assetto istituzionale europeo, che liberi i singoli stati dai fardelli della burocrazia europea, che pretende di legiferare su tutto, e centralizzi in un solo organo, per tutti gli stati, i compiti dell’amministrazione finanziaria di tutti, quelli della difesa, anche militare da nemici esterni, e quelli del contrasto all’immigrazione incontrollata, così come il quadro di riferimento giudiziario, che deve rendere davvero TUTTI uguali davanti alla legge, in tutta la Federazione.
Una sola LEGGE, una sola FINANZA con una sola MONETA, un solo ESERCITO, ed un solo PRESIDENTE in rappresentanza di TUTTI gli stati federati, espressione della politica estera federale.

Un cambiamento che assomiglia ad un cataclisma, perché implica lo smantellamento di un castello di carte burocratico – legislativo multiforme, frutto di una costruzione multisecolare da smantellare.
Una rivoluzione che implica l’abbandono di antiche tradizioni, svuotando di potere gli stati, e nel contempo restituendo potere ai popoli, perché le istituzioni attuali degli stati diventeranno obsolete, nel contesto federale, mentre saranno necessarie istituzioni nuove, forse meno esposte al potere delle ideologie, ma ancorate ai problemi concreti della gente, accettando le differenza tra i popoli, e, anzi, valorizzandole in chiave competitiva, sotto ogni profilo.
Più LIBERI all’interno del proprio ambito nazionale, rispettosi di una sola LEGGE davvero uguale per tutti, consapevoli di poter fare soltanto quello che le proprie forze consentono, senza coperture, contribuendo allo sviluppo di tutti, per l’assenza di barriere interne alla Federazione, ma anche consapevoli dei limiti alla propria autonomia al di fuori della Federazione, demandati ad una entità più grande delle singole nazioni.

Ing. Franco Puglia

9 dicembre 2025






POPOLO SOVRANO ED INTERESSI GEOPOLITICI ED ECONOMICI

La Democrazia è fondata sull’idea della sovranità del popolo, su di se e sui territori nei quali risiede. L’autocrazia è invece fondata sulla convinzione che gli interessi del popolo debbano essere subordinati a quelli di una classe dirigente ristretta, quando non ad un solo uomo. Nessuna autocrazia, tuttavia, si regge in assenza di una base popolare di sostegno, anche se non maggioritaria, come si richiede, invece, nelle democrazie.
In definitiva, poiché anche nelle democrazie si forma una classe dirigente, con un sostegno popolare maggioritario, la nazione deve per forza di cose contemperare gli interessi della classe dirigente con quelli di una parte consistente della popolazione che la sostiene.

Partendo da queste ovvie, banali osservazioni, possiamo anche immaginare che un territorio, piccolo a piacere, possa darsi una forma di governo autonoma, che non dipenda dal governo di un territorio più vasto, che lo comprende, ma che esprima comunque una comunanza di interessi sufficiente a consentire un governo autonomo di questo territorio anche al di fuori di un controllo diretto da parte del territorio predominante.

Due casi concreti utili a spiegare questo concetto sono quelli delle due strutture federali degli USA e della Svizzera, dove è vero che esiste una autorità federale, che è sovrana su alcune materie, ma esistono le unità federate, che in altre materie sono dotate di totale autonomia. Il sistema si regge perché le autonomie locali non sono in conflitto tra loro e/o con il governo federale.

La domanda interessante è: possono reggersi queste unità locali, non conflittuali tra loro e, anzi, unite da comuni interessi, anche in assenza di un governo federale? La risposta é: si e no.
No, se le unità locali, per caratteristiche e peso specifico economico, non sono in grado di provvedere in piena autonomia ad alcune incombenze, come la difesa del territorio, ad esempio, o l’autonomia energetica, ed altre ancora.
Si, se le condizioni specifiche del territorio sono tali rendere superflue le prerogative di un governo federale, ovvero, se prendiamo in esame un singolo territorio, al di fuori di una possibile ipotesi federale, se sono nella condizione di non doversi avvalere di una sovrastruttura che ecceda la loro sovranità univoca.

Qualche esempio per capire: la Catalogna potrebbe diventare uno Stato indipendente dalla Spagna? La risposta è SI, nella misura in cui, per collocazione geografica e configurazione politica non avrebbe bisogno di avvalersi delle prerogative dell’attuale Regno di Spagna, restando membro dell’Unione Europea, in particolar modo se l’Unione Europea si doterà, come ormai è nelle cose, di una organizzazione militare e difensiva propria, assorbendo quella dei singoli stati, nonché di altre prerogative comuni, che ricadono nell’interesse di tutti i singoli stati europei.
Lo stesso approccio potrebbe essere applicabile alla Scozia, all’Irlanda, unendo in questo caso nord e sud, ma anche alla Sicilia, alla Sardegna, e persino all’UCRAINA !

Ed è proprio qui che volevo arrivare: all’Ucraina, in conflitto con la Russia che, per suoi non infondati motivi di strategia geopolitica ed economica pretende di appropriarsi della regione ucraina a ridosso del Mar Nero, il cosiddetto Donbass.

Se guardiamo a questo conflitto con mente fredda e razionale, questo conflitto è totalmente insensato. Infatti l’Ucraina era parte integrante del territorio russo all’epoca dell’URSS, e fu soltanto dopo il disfacimento dell’URSS che il territorio ucraino si staccò da Mosca diventando autonomo e, a causa dei retaggi lasciati dal comunismo totalitarista di Mosca, orientandosi ad occidente, come tutti gli altri territori ex URSS, non propriamente russi.
Questa situazione ha condotto ad un allontanamento di Mosca dal Mar Nero, sulle cui sponde si affacciano in prevalenza l’Ucraina a nord e la Turchia a sud.
L’iniziativa militare di Mosca, fallito il tentativo di instaurare a Kiev un governo fantoccio, ha lo scopo di conquistare tutta la fascia meridionale dell’Ucraina, sino ad Odessa, acquisendo un grande sbocco sul Mar Nero, cioè sul Mediterraneo, Turchia consentendo.
Inoltre l’Ucraina è sempre stato un grande mercato per Mosca, anche come approvvigionamento alimentare (grano) oltre che minerario.
Ma dare a Mosca quello che chiede è possibile solo attraverso una occupazione russa, con relativo incorporamento, dei territori del Donbass? Non necessariamente. La soluzione militare darebbe a Mosca quello che vuole, ma le precluderebbe tutto il resto, con un occidente chiuso ermeticamente verso est, e Mosca in una posizione di vassallaggio palese nei confronti di Pechino. I conti della serva dicono che non si tratta di un vero affare, anche dimenticando i costi del conflitto e le perdite umane e materiali.
Quello che serve a Mosca si può ottenere, con interessi a due cifre, agendo per via pacifica, negoziando un diverso assetto strategico e geoeconomico della regione.

Il Donbass è stato raso al suolo ed è interamente da ricostruire.
Lo si può fare, con la collaborazione di molte forze convergenti, e con la finalità di creare un’area di libero scambio indipendente, ponte tra La Russia, ed i territori dell’Asia occidentale, ed il Mediterraneo, e tra l’Europa occidentale e l’oriente, attraverso la Russia.
Ma occorre che il Donbass cessi di essere materia del contendere per diventare il germoglio di un nuovo modello di sviluppo, un territorio autonomo da tutte le parti oggi in causa, la cui sicurezza e la cui gestione sia garantita da forze congiunte, politiche e militari, nel comune interesse verso lo sviluppo di una nuova geoeconomia regionale, dall’Atlantico all’Oceano Indiano.

In questo momento l’America è fuori gioco, perché la sua governance è priva di visione strategica e di capacità politica, mentre i suoi interessi sono essenzialmente di ordine mondiale e non primariamente regionale, come nel caso dell’Eurasia occidentale.

E’ mai possibile che i grandi strateghi che governano gli stati più potenti del mondo non riescano a capire, traendone le dovute conseguenze, queste semplici verità?


Ing. Franco Puglia
5 dicembre 2025