LA SESSUALITA’ FUOR D’IPOCRISIA

La sessualità è un argomento sul quale si sono spesi medici, psicologi, filosofi, politici e gente comune, manipolandola in tutti i modi possibili ed immaginabili. E come per tante altre cose umane la sessualità è diventata “a la carte”, cioè non un elemento obiettivo e biologicamente indiscutibile di tutte le forme di vita del pianeta, ma addirittura una preferenza, un “orientamento”, per giustificare tutto e “normalizzare” tutto, anche le anomalie.

Cominciamo col sottolineare che la sessualità è una caratteristica biologicamente predeterminata, sia nel mondo vegetale che animale.
La sessualità “non si sceglie”, come non si può scegliere se avere due o quattro arti motori. La discussione per quanto attiene al mondo vegetale ed a quello animale non umano neppure si pone, ma appena tocchiamo l’umano ahinoi: la sessualità assume mille sfaccettature, ma di sessi ne restano solo due: quello maschile e quello femminile, come ovunque in natura, salvo alcune specie ermafrodite, mentre tutto il resto che possiamo osservare costituisce una “anomalia” e non la “normalità”.
Attenzione: anomalia non significa “malattia”; la malattia presuppone una partenza da soggetto sano che poi si ammala, di una qualche patologia. Le anomalie di ordine genetico sono presenti già alla nascita, anche se possono manifestarsi in tempi differiti.
Le anomalie di un essere vivente, umano e non, possono essere innumerevoli: quelle di ordine sessuale umano sono parecchie, magari simili eppure diverse; possono essere di ordine psichico, oppure morfologico, endocrinologico, o un mix di questi elementi.
Le anomalie riguardano tanto i soggetti morfologicamente maschili che quelli morfologicamente femminili.
La morfologia degli organi sessuali di entrambi i sessi è sempre simile, per un medesimo sesso di base, ma non identica, per forma, dimensioni, funzionalità. La morfologia organica influenza anche la psiche del soggetto, influenzandola.

Queste anomalie determinano nei soggetti comportamenti devianti rispetto alla stragrande generalità dei soggetti umani, sia nel senso dell’orientamento erotico al genere sessuale del partner, sia negli atteggiamenti personali e nei modi di relazione con gli altri.
Queste persone, genericamente definite “gay”, sono molto diverse tra loro, anche se collocabili in alcune categorie, che evito di tentare di enumerare, perché inessenziale ai fini di questa discussione.
Alcune di queste persone sono facilmente riconoscibili, altre no; alcune evitano di assumere comportamenti ed atteggiamenti insoliti ai più, altre, invece, enfatizzano in ogni modo possibile la loro diversità, scivolando nel grottesco.
Come grottesco è parlare di un “terzo sesso”, perché i soggetti anomali rispetto ai canoni sessuali sono spesso diversi tra loro, in primo luogo per la base morfologica di base (femminile o maschile) ma anche per altre sfumature.

Questo mondo di persone “diverse” è stato da sempre perseguitato per la sua diversità, cosa frequente nei confronti di ogni diversità, non soltanto del mondo gay. Persecuzioni anche gravissime, che non si limitano alla derisione, ma sfociano anche in aggressioni fisiche, sino all’omicidio. Un’assenza totale di rispetto per gli altri in senso lato, ed in particolare per alcuni “diversi”, tra cui i gay, ma non dimentichiamo che anche le svariate etnie umane sono esposte alla medesima discriminazione aggressiva.
Purtroppo questo atteggiamento è parte della natura umana, e non si può cancellare, ma si può attenuare con strumenti culturali.
Il mondo gay ha cercato di reagire in epoche recenti con azioni mediatiche volte addirittura a rovesciare il loro paradigma, collocando il mondo gay nella “normalità” (mentre si tratta di una minoranza) e persino tentando di abolire il concetto stesso di sessualità a favore di un generico “orientamento sessuale” senza limitazioni, che può prevedere quindi qualsiasi cosa, anche l’accoppiamento con animali.

Nella nostra cultura italiana d’origine, ma anche in alcune culture contemporanee, le devianze sessuali, sono state severamente condannate, considerate come “perversioni”, un termine con implicazioni fortemente negative, e come “peccato” in chiave religiosa. In realtà questi comportamenti sessuali non canonici sono da sempre molto diffusi, ed ancora una volta non serve elencarli, ma basti ricordare la sodomia e l’accoppiamento alla “pecorina”, che nasce dalla memoria di accoppiamenti tra pastori e pecore nel mondo pastorale.
L’accoppiamento sessuale, in natura, è finalizzato alla riproduzione, e soltanto a questa, laddove il piacere sessuale durante l’accoppiamento, diverso da specie a specie, è soltanto un espediente della Natura per indurre all’accoppiamento, premiandolo in qualche modo. E’ abbastanza evidente che ai fini riproduttivi l’accoppiamento DEVE prevedere l’impiego degli appositi organi nel solo modo funzionale alla riproduzione.
L’accoppiamento anale oppure orale non ha questa finalità e, come tale, è stato considerato in passato una “perversione”.
Quello anale, in particolare, definito non a torto “contro natura”, implica l’accoppiamento dell’organo maschile con un orifizio destinato esclusivamente alla produzione di feci, scarti infetti e maleodoranti dell’organismo, con i quali può entrare in contatto, salvo accurato lavaggio intestinale del ricevente.
Insomma, definire “normale” questa forma di accoppiamento sessuale è una indiscutibile mistificazione della realtà.

Questo mio scritto non vuole essere una condanna del mondo omosessuale, che va rispettato per quello che è, ma che non può essere trasformato in quello che non è.
La sacrosanta ribellione degli omosessuali alla violenza discriminatoria a cui sono stati sottoposti da sempre non deve solo per questo condurre alla normalizzazione legale di insensatezze come le forme di riproduzione eterologa, alias utero in affitto e cose simili, per conferire a due soggetti omosessuali, quindi non in grado di riprodursi per reciproco accoppiamento, una valenza genitoriale assimilata a quella genetica, mentre al massimo potrebbe essere analoga a quella dei genitori adottivi eterosessuali, non dimenticando però che l’educazione infantile richiede la formazione di archetipi genitoriali che corrispondano alla “normalità”, che non è quella omosessuale.
Io trovo assurdo, insensato, che venga riconosciuto a chi non dispone degli strumenti idonei ad esercitare un suo legittimo diritto alla riproduzione questo medesimo diritto in assenza di tali strumenti.
Come pretendere di poter iscrivere in una corsa di galoppo un cavallo zoppo dotato di stinchi artificiali robotizzati.
Esiste un mondo di disabili, ipocritamente denominati “diversamente abili” , che partecipano a gare atletiche, ma destinate soltanto a loro.
Nessuno si è mai sognato di pretendere che gli atleti disabili possano competere assieme ai normodotati nelle medesime gare.
L’omosessualità è, di fatto, una disabilità a procreare all’interno di una coppia di omosessuali, che li costringe a ricorrere ad agenti esterni. Allora parliamo di adozioni, e non di altro, con la remora dell’affidamento ad una coppia che NON esprime la pluralità sessuale normale delle coppie eterosessuali.
In genere non è consentita l’adozione di minori da parte dei single, per l’assenza di una delle due figure genitoriali. Non basta definire due omosessuali genitore 1 e genitore 2 per ottenere due figure genitoriali propriamente dette e riconoscibili come tali per la loro diversità.

Ing. Franco Puglia
28 agosto 2025




L’INSOSTENIBILE INUTILITA’ DEL TUTTO

Questa riflessione non è per gli inguaribili ottimisti, non è per chi ha una fede religiosa incrollabile, non è per gli stupidi, non è per gli inconsapevoli, non è per chi non si sia mai soffermato a chiedersi il perché delle cose, e dove lo conduca la sua esistenza.
I quesiti sulle ragioni del vivere e del morire sono antiche come gli esseri umani.
Le religioni sono un tentativo, strumentale e strumentalizzato, di dare una risposta a questi quesiti.
Ma nessuna religione offre davvero una risposta, per il semplice motivo che NON ESISTE una risposta.
Una roccia esiste quanto un essere umano, e non si pone delle domande: esiste e basta, senza un perché, senza un destino, senza obiettivi. Ma per noi umani vivere significa anche, raramente, pensare, riflettere, farsi delle domande. Senza mai trovare delle vere risposte.

Il vivere è la necessità dell’OGGI, del momento fuggevole in cui interagisci in qualche modo con l’ambiente che ti circonda, con una preoccupazione preponderante: soddisfare i tuoi bisogni materiali, tutti quanti.
E questo basta ed avanza nella prima infanzia ma poi, col passare del tempo, sorgono le domande, e cominci a chiederti quale sia il tuo ruolo in mezzo a tutto quello che ti circonda, e quale sia il ruolo degli altri, umani ma anche animali, mondo vegetale e non.
Sopravvivere implica anche usare il cervello, ed è vero per tutti gli animali, ma per gli umani in particolare, fisicamente più fragili, più longevi, anche, e quindi bisognosi di strumenti di sopravvivenza più complessi rispetto al mondo animale.
Uscendo gradualmente dall’infanzia ti rendi conto che il mondo esterno ti chiede delle cose, in cambio della tua sopravvivenza, e questo ti costringe ad essere quello che, in assenza di sollecitazioni, non avresti motivo di perseguire. E inizia il tuo lungo cammino verso ….
Verso che cosa? Verso la morte, e capisci presto che questo destino, questo punto d’arrivo non risparmia nessuno, e ti attende, da qualche parte in un futuro più o meno vicino o lontano.
E capisci che nulla di quanto ti circonda, nulla di quanto hai costruito in vita verrà con te oltre quell’apertura oscura che conduce nell’inconoscibile.

E allora? A cosa mi è servito amare, soffrire, costruire, distruggere, immaginare, comunicare, se ogni cosa si perderà con la mia scomparsa, persino la memoria.
Non per tutti, certo: alcuni “fortunati” riescono a lasciare un segno di se nella Storia.
Ma non lo portano con se, lo abbandonano nelle mani di quanti, forse, vorranno farne un qualche uso.
E guardando alla storia dell’umanità noi diciamo che tanti uomini e donne hanno dato un loro sostanziale contributo alla realizzazione del mondo in cui oggi ci troviamo a vivere. Ma se poi analizziamo questo mondo, vien da chiedersi a chi ed a che cosa questi contributi abbiano dato luogo, se era questo che immaginavano, che volevano, e perché poi, se non avrebbero neppure potuto vederlo realizzato, forse.

I comportamenti umani sono finalizzati, come detto nell’introduzione, a soddisfare i propri bisogni immediati, e quelli prevedibili nell’immediato futuro. L’insieme dei diversi comportamenti di una pluralità di esseri umani determina un insieme caotico di azioni e reazioni che allontanano i comportamenti collettivi dagli indirizzi che qualcuno, più incisivo di altri, era riuscito a trasmettere.
E che sia meglio così, oppure no, è opinabile. Gli orientamenti di alcuni erano distruttivi; altri no.
E poi cosa è BENE e cosa è MALE? Se non sei succube di una qualche ideologia le risposte sono diverse ed infinite. Persino uccidere può non essere male, quando la vittima era IL MALE per altri, come un soldato in una guerra, ma anche un civile che in un modo o nell’altro sia di danno ad altri.
Se non obbedisci ad un’etica sei alla mercè del caso. Sei libero, ma disperso. Diversamente sei uno schiavo, sai dove stai andando, ma non sai davvero perché ci stai andando.
Basta non farsi domande, ed i più non si fanno domande: vivono, cioè sopravvivono, sin che dura, e poi …

E’ facile dissentire da quanto ho scritto, come è facile condividere. Perché in tutto questo nulla è VERO e niente è FALSO. Il reale, inconfutabile, è la nostra esistenza in vita e la nostra certissima futura morte, e tutto ciò che sta tra questi due eventi ha un valore nel momento in cui si realizza, per poi scomparire per sempre. Il famoso “attimo fuggente”, la vita come una sequenza di attimi fuggenti il cui solo scopo è la soddisfazione del bisogno del momento, o la preparazione a soddisfare un bisogno futuro prevedibile.
I figli non sono un obiettivo etico: sono un obiettivo biologico, quello della sopravvivenza della specie, non di te come individuo, ma dei tuoi simili.
Ma a che scopo far sopravvivere la specie? Non c’è uno scopo: l’imperativo è fine a se stesso.
Ma qualcuno potrebbe obiettare che le diverse specie viventi sono complementari e contribuiscono all’armonia del tutto. No: rifiuto questa idea, mi rifiuto di pensare che il gallinaceo sia nato per fare il pollo sulle tavole umane, e che questo sia il suo scopo nella vita, e che sia felice di raggiungerlo.

La ricerca di una “ragione di vita” è più insensata della ricerca del vello d’oro da parte degli Argonauti della mitologia greca. Non esiste una ragione di vita: esiste solo la vita, adesso, qui ed ora, ed ogni minuto speso in qualcosa che porti ad un piacere immediato, oppure che sia capace di produrne uno futuro, è un minuto sprecato. Attenzione: non significa non curarsi di predisporre le basi del futuro, anche di quello molto prossimo, perché diversamente si precipita facilmente dal piacere nel dispiacere.
Questo modo di pensare fu introdotto da Epicuro, un filosofo greco che nacque 341 anni prima di Cristo, ed improntò una corrente di pensiero, quella degli epicurei. (https://www.treccani.it/enciclopedia/epicuro/)

Nulla di nuovo sotto il sole, come si sa, ma questo approccio filosofico è stato dimenticato, sepolto dalle religioni, e dalle ideologie che pretendono di imprigionarci in una LORO etica, religioni senza supporto divino. Una filosofia che si scontra frontalmente con le religioni, perché sottolinea il QUI ED ORA, in conflitto con il DOMANI DOPO LA MORTE. L’epicureismo è VITALE, le religioni sono MORTALI.
E nessuno di questi approcci, tuttavia, offre delle risposte alle domande fondamentali: PERCHE’ !

Nel concreto delle cose, però, non c’è filosofia che tenga: la vita è ADESSO, il passato è irrecuperabile, ed il futuro è incerto, salvo il solo traguardo finale che non risparmia nessuno.

Ing. Franco Puglia
15 maggio 2025