8 MARZO : INNO ALLA RETORICA?

Oggi è il giorno 8 del mese di marzo, e come ogni anno viene festeggiato il femminile, mentre manca qualcosa di analogo al maschile, perché la motivazione dell’8 marzo è rivendicativa, nei confronti del maschile, visto come categoria oppressiva nei confronti del femminile, un concetto DI CLASSE, a cui non è estraneo il modo marxista di vedere le cose, con la sua visione in CLASSI di cittadini, contrapposte tra loro.
Le motivazioni di questa ricorrenza, affogata nella melassa della retorica, tuttavia non mancano: la condizione di vita femminile è certamente più difficile di quella maschile, per una serie di motivi INSUPERABILI, e non basta la retorica a renderli trascurabili.
Si tratta di una condizione di vita biologicamente predeterminata dal sesso e dagli ormoni, testosterone in testa, che determinano nel maschio un atteggiamento dominante, sino alla violenza, nei confronti di altri maschi e, più ancora, delle femmine, in quanto fisicamente e psicologicamente meno attrezzate.
Sottomettere con la forza una femmina è mediamente facile per un maschio; questo ha portato, nel corso del tempo, ad una condizione di sottomissione delle donne da parte degli uomini che perdura ai giorni nostri, anche in maniera drammatica, come in Iran, in Africa ed in genere nei paesi a cultura più arretrata.

In Occidente, cioè in Europa e Nord America, la condizione femminile è ben diversa, per fortuna, da quella di certi paesi, e tuttavia è ancora insoddisfacente, perché resta una condizione più fragile di quella maschile, come dimostrano i troppi casi di omicidio causati dalla volontà di potere di un partner maschile.
Il superamento di questa fragilità di fondo viene perseguito inneggiando alla PARITA’ tra i sessi, cioè ad una astrazione, perché la differenza tra i sessi è abissale, ed investe tutto il vivere di un essere umano. Ed è giusto che lo sia, altrimenti perché differenziare i sessi in natura e non riprodursi in maniera asessuata, per partenogenesi?
La natura sa quel che fa, per fortuna.
L’obiettivo (parità, uguaglianza) è sbagliato, mentre il GIUSTO OBIETTIVO è assente:
IL RISPETTO reciproco, una condizione, peraltro, diffusa tra tutti i mammiferi, tranne che gli umani. I maschi rispettano le femmine nel mondo animale: la violenza di un maschio su una femmina è evento raro in natura.
Un assoluto RISPETTO già eliminerebbe il problema dei femminicidi: se una femmina non si tocca, non si tocca. Fine del discorso. Ma poi c’è il problema dei RUOLI, e qui …

La differenza tra i due sessi determina automaticamente due diversi ruoli, e due diverse attitudini di base: la maternità non può essere maschile; il concepimento del nuovo nato ha luogo nel ventre materno, e questa differenza tra i sessi è, per fortuna, incolmabile.
La maternità condiziona a dismisura la vita femminile: impegna risorse emotive, di tempo, di capacità di lavoro. Non solo: il ruolo materno è preponderante rispetto a quello paterno nella crescita della prole, sotto ogni aspetto. Non significa che il ruolo del padre sia trascurabile, ma è DIVERSO, ed è bene che sia così, perché i sessi esisteranno anche per il nuovo nato, che avrà una sua identità sessuale, anche psichica, che si forma e si consolida anche grazie alla presenza dei genitori nei loro rispettivi ruoli.
Che scopo avrebbe mai una vita di coppia in cui i due coniugi siano sostanzialmente identici nel ruolo svolto e nella condizione psicologica del loro vissuto? Nessuno di noi ha bisogno di vivere davanti al suo specchio, con un suo sosia. E l’attrazione sessuale, determinata da uno stimolo biologico riproduttivo, ha senso tra DIVERSI, non tra uguali.

L’evoluzione sociale in Occidente ci ha portato ad assimilare sempre di più i ruoli dei due sessi, nel mondo del lavoro e nella famiglia, arrivando al paradosso, secondo me, di arruolare anche delle donne nell’esercito, un ruolo decisamente stridente per un soggetto umano destinato a generare la vita, non a toglierla.
Non voglio con questo suggerire un ritorno alla apartheid femminile nel mondo del lavoro, ma suggerisco una SVOLTA che sdrammatizzi le differenze di ruolo, dove esistono, riconoscendo che dietro queste differenze non c’è soltanto volontà di esclusione, ma anche diversa attitudine, e le donne non vanno forzate, anche psicologicamente, ad assumere ruoli a cui, tutto sommato, non anelano.
Resto convinto del fatto che il ruolo femminile in famiglia sia, e debba restare, preponderante, e questo entra in aperto conflitto con il mondo del lavoro, con le ambizioni di carriera, con la disponibilità di tempo per figli e coniuge. E le donne questo lo sanno.

Quindi, aiutiamo le donne ad ESSERE SE STESSE, senza frapporre ostacoli alle loro scelte, anche professionali, ma senza neppure condizionarle in tal senso.
La serenità sociale dipende dall’equilibrio nei rapporti tra i sessi, dentro e fuori dalla famiglia.
E lo sviluppo dei minori dipende dalla serenità familiare, così rara, e dall’equilibrio dei ruoli nella coppia.

Vorrei che il prossimo 8 marzo diventasse la FESTA DEL RISPETTO tra tutti gli attori del contesto sociale, senza distinzione di sesso, superando la contrapposizione, festeggiando l’UNIONE di due facce della medesima medaglia umana.

Ing. Franco Puglia
8 marzo 2023




RIFLESSIONI SULL’UOMO E SUL MONDO DIGITALE

La scienza e la tecnologia sono come una locomotiva che viaggia a tutta velocità su un binario, ma in cui manca il macchinista, mentre qualcuno, fuori dal treno, manovra gli scambi dei binari e dirige la locomotiva da una parte o dall’altra.
E la locomotiva accelera sempre, e nessuno sa dire se, ad una curva più stretta delle altre, finirà col deragliare.

La tecnologia, che è la traduzione in termini operativi di soluzioni scientifiche, è stata da sempre un incredibile ausilio per l’essere umano, e lo ha condotto allo STATUS in cui oggi si trova, ben diverso da quello dei primi esseri umani.
Lo scopo della tecnologia è sempre stato, ed in astratto è ancora, quello di AIUTARE gli esseri umani a realizzare la felicità, sottraendoli ai lavori più gravosi e ad ogni fonte di rischio per la propria vita. La tecnologia è un moltiplicatore della capacità di lavoro individuale del singolo essere umano, e ne aumenta a dismisura la sua PRODUTTIVITA’.

Il FINE ULTIMO, però, dovrebbe restare l’essere umano, non la capacità della tecnologia e neppure la produttività fine a se stessa. Bene: questa finalità è passata in terz’ordine, se non è stata addirittura dimenticata.
Il mondo della produzione cerca di ridurre i suoi costi di produzione per essere più competitivo, specie da quando è stato creato il mercato globale. Come farlo?
La risposta è stata: aumentando la capitalizzazione delle aziende, in chiave di infrastrutture tecnologiche, riducendo al contempo la dipendenza dalla componente umana.
Ha funzionato? Certo che si. Ridurre la produzione di una macchina è facile; anche fermarla, se serve; gli esseri umani, i dipendenti, non si possono SPEGNERE …
Non solo: si è cercato per quanto possibile di rendere i dipendenti intercambiabili, non indispensabili, quindi abbastanza de-specializzati da poter ricorrere a chiunque per la mansione da svolgere, pagandolo il meno possibile.
Non è sempre possibile: serve ancora una manodopera altamente specializzata per far funzionare, se non per progettare, le macchine complesse che il mercato richiede.
E questa manodopera si trova sempre meno, mentre quella de-specializzata è in eccesso.

Questo è un aspetto. L’altro aspetto è l’infrastruttura aziendale ed i suoi canali di comunicazione con l’esterno. Anche qui l’automazione la fa da padrone.
Al telefono non risponde più una persona, ma un processore: ti offre una serie di scelte per comunicare con chi ti serve, sia esso un altro processore o un essere umano in carne ed ossa. Richiede tempo e non sempre ti conduce in porto.
Non solo: anche quando ti risponde una persona, dall’altra parte del “filo” telefonico, non si tratta di una persona “responsabile” che recepisca il tuo quesito e possa decidere la risposta: più spesso si tratta di un operatore privo di qualsiasi potere decisionale.
E ciascuno, in azienda, macchina o essere umano che sia, risponde a delle REGOLE, e non decide in autonomia e sotto la sua responsabilità.
E se anche arrivi al CEO, all’Amministratore Delegato, è facile che questo non possa cambiare politica aziendale a seguito del tuo stimolo, perché obbedisce anche lui a delle REGOLE, e se non le segue viene, molto semplicemente, sostituito.
Chi comanda è il SISTEMA, ed il sistema non ha padroni: risponde solo agli azionisti, che possono essere parecchi, troppi, nessuno con abbastanza potere decisionale, tutti interessati soltanto al funzionamento della macchina aziendale ed alla sua redditività.
L’ETICA aziendale, l’etica del lavoro, l’etica umana, sono morte e sepolte.

Non tutte le aziende sono così? Certo che no: le aziende più piccole rispondono ancora a logiche diverse, ANTIQUATE … Ma i grandi gruppi?
Il problema GRAVE è che questa CULTURA DELLA SOSTITUZIONE UMANA si sta diffondendo a velocità molto elevata, e pretende di sostituire le capacità cognitive umane con quelle di MACCHINE INTELLIGENTI, grazie allo sviluppo degli studi sulla cosiddetta INTELLIGENZA ARTIFICIALE.
Non pensare, non ragionare (tanto non ne sei più capace): qualcuno lo farà per te.
E questi strumenti suscitano anche l’entusiasmo dei meno attrezzato sotto il profilo cognitivo.
Chi detiene il potere ha sempre cercato di mantenere le grandi masse nell’ignoranza, perché più facilmente indottrinabili e controllabili. Un tempo gli strumenti per farlo erano rudimentali (la piazza): oggi abbiamo da decenni la TV e adesso la RETE ed i MEDIA in genere, che fanno da cassa di risonanza ai percorsi indicati dal Potere, e dai grandi portatori di interesse che lo esprimono.

Tutto questo ci conduce a velocità sempre più elevata VERSO IL DISASTRO.
1. Perché i cittadini consumatori vengono respinti sempre di più verso le aree a basso reddito, grazie al lavoro svalorizzato.
2. Perché masse crescenti di cittadini scivolano nella fascia assistenziale, che grava sulle tasche di tutti i produttori di reddito.
3. Perché i consumi si orientano in maniera crescente verso la fascia ad alto reddito dei consumatori, che però e numericamente minoritaria, e quindi, in prospettiva, porta ad una riduzione della base di consumo, quindi della produzione, quindi dei redditi nel loro insieme.
4. Perché il degrado culturale e cognitivo, che inizia già nella formazione scolastica e prosegue poi con il lavoro, riduce la base culturale di sostegno dell’attività economica e quindi mina le basi stesse del modello di sviluppo su cui si fonda questo nostro mondo tecnologico.

Si può uscire da questa spirale perversa? Forse si, e forse no, perché le forze in gioco che muovono il sistema sono immense e quanti, in teoria, hanno in mano le leve di comando politiche non sono all’altezza di comprendere la portata dei fenomeni in atto.

Questa è la realtà ingravescente nella quale siamo immersi e di fronte alla quale ciascuno di noi è impotente. La sola risposta possibile è la CONSAPEVOLEZZA DI TUTTI, per poi convergere verso una risposta politica in grado di fronteggiare i fenomeni.

Ing. Franco Puglia
5 marzo 2023