VERSO IL LOCKDOWN

Il sabato virale dei centri commerciali: negozi chiusi, serrande giù (ma  corsie del cibo aperte) - Como Zero

Le restrizioni imposte dall’ultimo DPCM di Giuseppe Conte corrispondono ad una specie di “soft lockdown” indirizzato alle attività del tempo libero.
Non sappiamo che effetti potrà avere, ma è prevedibile che saranno modesti.
La sola forma di lockdown certamente efficace è quella HARD, in cui si congela, sia pure per breve tempo, 2..3 settimane, qualsiasi spostamentto delle persone da casa, anche per approvvigionamento alimentare o per assistenza sanitaria. Contatti = ZERO significa contagio = ZERO.

Questo però non è possibile, perché non puoi sospendere l’assistenza sanitaria e non puoi far fare al tuo cane la pipi a casa, solo per fare un secondo esempio. Le tanto criticate misure restrittive del DPCM, invece, rispondono ad un criterio diverso che, come tale, è il solo di BUON SENSO: togliere alle persone gli stimoli al contatto sociale suscettibile di indurre contagio. Ed in questa direzione il DPCM fa qualcosa, ma non abbastanza, perché lascia aperti molti spiragli. Non serve confinare a casa le persone; muoversi sul territorio, in auto, a piedi, in bici o con altri mezzi, non induce contagio, sino a quando le persone restano isolate tra loro.

SOLO QUESTO CONTA !

Sarebbe necessario, invece, chiudere pro tempore l’attività di ristorazione ed intrattenimento in genere, non soltanto la sera, ma in ogni ora del giorno e della notte.
Significa presidiare qualsiasi luogo di possibile assembramento, inclusi parchi e giardini, intervenendo con decisione laddove si formino dei gruppi.
Stessa cosa con tutte le aree tipiche della “movida” giovanile, anche con i bar chiusi, perché i giovanissimi sono capaci di appollaiarsi ovunque, come stormi di uccelli, visto che si raccolgono essenzialmente per starnazzare.
E vale anche per TUTTI i commercianti, che costituiscono un punto di attrazione per un passeggio affollato, esattamente quello che si deve evitare.
Il tutto senza impedire alla gente di passeggiare per le strade, all’aria aperta, ovunque, anche spostandosi da un territorio all’altro, da una regione all’altra, perché questo NON induce contagio.

Un tale lockdown produce un danno economico pesantissimo, con un crollo del PIL determinato dal crollo generalizzato dei consumi.
Ma QUANTO VALE questa perdita economica? Non quanto il prolungarsi a tempo indeterminato di questa crisi pandemica, che comunque massacra i consumi, perché anche in assenza di divieti molte persone ci pensano da sole ad isolarsi per evitare il contagio.

In astratto, se un mese di astensione da qualsiasi consumo bastasse ad azzerare il contagio e poi tutto potesse riprendere come prima, la perdita economica sarebbe di 1/12 della cifra di consumi non alimentari complessiva, che significa circa l’8%, e se un esercente non può sopportare una riduzione dell’8% della sua cifra d’affari forse è meglio che chiuda. Naturalmente le cose NON stanno proprio così: il contagio non si azzererebbe, anche se si ridurrebbe.

Il governo al potere ha stabilito delle cifre di compensazione dei mancati introiti ai commercianti condannati al parziale lockdown. Non so su quali basi, ma preferisco non saperlo. L’Agenzia delle Entrate, che possiede le dichiarazioni dei redditi di TUTTI, è in grado di valutare e ESATTAMENTE la quota parte di utile d’impresa relativa al periodo di sospensione dell’attività.

Restano i costi fissi, e gli stipendi dei dipendenti. Per questi ultimi, lo strumento della cassa integrazione può sopportare la copertura degli stipendi per un tempo limitato.
Per quanto attiene ai costi fissi, lo Stato può imporre ai fornitori che erogano i servizi all’imprenditore soggetto a chiusura temporanea forzosa una analoga sospensione della fatturazione, senza recupero. Stiamo parlando di canoni di locazione e bollette energetiche e di raccolta rifiuti, principalmente. Così tutti perdono qualcosa (1/12 delle loro entrate) ma il carico non viene concentrato sui soli destinatari delle misure di chiusura.

Perché la condizione drammatica dei piccoli imprenditori consiste non tanto nella perdita di “reddito” per il tempo in cui l’attività viene limitata o chiusa, quanto nel dover sopportare i costi fissi, che non si fermano, non si possono azzerare come i costi variabili.

Mi chiedo: è così difficile immaginare misure SEMPLICI che implicano costi sopportabili per la collettività, perché suddivisi, ed alleggeriscono la spesa pubblica, che non deve rimborsare nessuno? Pare sia troppo difficile per la classe politica nazionale, totalmente priva di immaginazione.

Ing. Franco Puglia – 29 Ottobre 2020

IL LOCKDOWN DEL TEMPO LIBERO

Roma, al centro commerciale folla di ragazzi per la youtuber Greta Menchi -  Roma - la Repubblica

Il nuovo DPCM del Governo si rivolge a tutte quelle attività che, a loro modo, sono collegate all’impiego del tempo libero, sia in termini qualitativi che di allocazione temporale: chiusura dopo le ore 18, cioè le ore serali; chiusura dei locali che, per loro natura, assembrano persone in spazi chiusi, quindi cinema, teatri, palestre, ristoranti e bar, e via dicendo.
Questa strategia di contenimento del contagio da SARS-COV-2 è molto impopolare, ma non irragionevole: mette, ovviamente, in crisi settori economici di rilievo, ma NON essenziali per la vita delle persone, anche se una vita con un tempo libero dal lavoro che sia privo di contenuti è davvero una ben misera vita. Ma ci sono contenuti e contenuti, e dimensione delle strutture destinate all’impiego di questo tempo libero.

Ritornando al passato, un passato non così remoto, ritrovo solo in parte la presenza di queste strutture, e certamente in numero molto limitato, e con frequentazione molto limitata: c’erano i cinema, molto frequentati, pochi teatri, rare palestre, molte trattorie e bar, ma con frequentazione limitata, perché le tasche non erano colme, per non parlare di impianti di risalita per lo sci (un tempo assenti) e di tutto quello che si muove dietro a questo. Discoteche? C’era qualche “balera”. Movida? Sconosciuta.

Era forse squallida la nostra vita e quella dei giovani di allora, e delle generazioni dei secoli scorsi? NO, ma era certamente una vita diversa. Auspico che si ritorni a quel tempo? No, ma un ridimensionamento lo auspico, e lo ho sempre auspicato, anche prima del Covid.

Perché? Perché siamo gradualmente scivolati nella SOCIETA’ DEL CAZZEGGIO, una dimensione sociale vuota, priva di contenuti umani, dove la comunicazione reciproca è fondata sul nulla. Il cazzeggio è sempre esistito, ed ha anche una sua funzione di alleggerimento delle preoccupazioni della vita, uno sfogo nella risata, nella facile battuta, nell’allontanamento dagli argomenti SERI con i quali ci si deve comunque confrontare, in un m odo o nell’altro. Il cazzeggio, però, ha trovato un potente impulso nello spettacolo televisivo, da quando la TV è diventata il riempitivo del tempo libero serale degli italiani, e credo anche altrove nel mondo, prima che venisse inventata la movida serale.

Gli spettacoli televisivi del tardo ‘900 erano ancora “spettacoli”, nel senso originario del termine; a questi si sono aggiunte altre forme di spettacolo fondate sulla stimolazione delle pulsioni meno nobili degli esseri umani, come il voyeurismo delle vite altrui, “grande fratello” in testa, innescando un meccanismo di proiezione psicologica in cui gli spettatori finiscono di essere interpreti di una LORO VITA, per diventare spettatori e partecipi delle vite, spesso ipotetiche, degli altri. In questo anche i grandi centri commerciali come le vie dello shopping hanno una loro funzione: masse di persone che si accalcano, non per comprare qualcosa (una percentuale bassa in rapporto ai visitatori) ma per guardare, per passare il tempo, perché diversamente non saprebbero cosa fare, eppure abbiamo un’infinità di cose più stimolanti ed utili a cui dedicare il nostro tempo.

Ed anche nella vita normale, negli incontri con gli amici, parlare di cose serie annoia, anche perché i più sono incapaci di dire, forse anche di pensare, a qualcosa che non sia la battuta, il pettegolezzo, lo stimolo alla risata, ecc. E per questo tipo di comunicazione serve il bar, il ristorante, certo non la sala conferenze o altri luoghi d’incontro. Oltre al cazzeggio si è sviluppata la cultura del corpo, con la proliferazione delle palestre piccole e grandi, perché la bellezza del corpo, oggi, è diventata il valore predominante, visto che il cervello è stato spedito all’ammasso.

Questo cambiamento culturale è fondato sull’esistenza di una SOCIETA’ DI MASSA, in cui i comportamenti sono stereotipati, eterodiretti, economicamente produttivi, ma, purtroppo, fondati sull’assembramento delle persone, cioè sul fattore di rischio più elevato che si conosca per la propagazione delle malattie infettive di ogni genere. Malattie che hanno afflitto anche le società del passato, con esplosioni epidemiche anche devastanti, che hanno tenuto sotto controllo lo sviluppo demografico, assieme a fame e guerre.

Ed ecco che scoppia la pandemia di Covid, e tutto viene rimesso in discussione.
Il modello di sviluppo naufraga sugli scogli del contagio, delle generazioni più anziane falcidiate, dei giovani messi sotto accusa per la loro mobilità ed incosciente attitudine a riunirsi in branchi. Questa grande conquista umana, quella di un “tempo libero” che nei secoli scorsi era quasi inesistente per la maggior parte della popolazione, TUTTA ATTIVA, a qualsiasi età, in assenza di tutele sociali e di debito pubblico volto a sostenerle, entra in crisi, viene messa in discussione, dimostra di essere un pericolo sociale, e viene incriminata.

Tutto il male non vien per nuocere, dice un antico adagio, e questo potrebbe essere il caso. Questo modello di vita non è il solo possibile e, ad esempio, non è mai stato il mio.

Per ora il DPCM non impedisce gli spostamenti inter-cittadini ed inter-regionali, anche se, ovviamente, li sconsiglia. Gli spostamenti a carattere culturale, per scoprire ciò che non si conosce, al di fuori delle classiche quattro mura, se avviene all’aperto, in ambito familiare ristretto e controllato, offre un rischio minimo di contagio, da questa come da altre patologie. Abbandonare almeno un poco il mondo dello spettacolo, per ritornare ad attività che impegnino di più il cervello, come la lettura, lo studio, gli approfondimenti di ciò che può incuriosire, sono un modo produttivo di spendere il proprio tempo libero. E le palestre sono il luogo peggiore possibile per dare armonia al corpo, che è stato costruito per la vita all’aria aperta, camminando, correndo, e magari anche facendo ginnastica a corpo libero in assenza di musiche martellanti e pseudo corsi di formazione.

Insomma, un lockdown delle moderne strutture per il tempo libero è un grave danno per molti operatori economici, che potrebbero anche chiudere i battenti, ma rappresenta un’occasione di rinascita culturale, sociale e civile grazie ad un radicale cambiamento delle abitudini di vita, imposto dalle circostanze.

Tutto il male non vien per nuocere.

Ing. Franco Puglia

25 Ottobre 2020