TERRITORI SELVAGGI

Ci vivono uomini ed animali, e donne, naturalmente, ed altri di incerta natura.
E quando il sole inizia a mostrare la sua luce sull’orizzonte, iniziano a muoversi, per riprendere la loro vita quotidiana dopo il breve risposo notturno.
Non tutti: alcuni tra loro sono animali della notte, e popolano il territorio secondo la loro inclinazione, ma ben oltre il calar del sole. Al mattino, in alcune zone, i resti dei loro pasti, abbandonati, accanto ai resti delle notti precedenti, o altrove, offerti alle cornacchie nere, alla ricerca della loro parte.

In questi territori vige la legge della giungla: comanda il coltello, comanda la violenza.
Facce scure si aggirano per le strade, non solo scure per il colore della pelle, ma per lo sguardo torvo, di chi cerca di colmare il suo vuoto, non solo alimentare, ma anche interiore. Dove loro sanno, incontrano altri individui, e barattano sacchetti di polvere bianca con banconote sgualcite. O entrano nei centri commerciali, e ne escono con le immancabili bottiglie di alcoolici, la birra in prima fila. Il terreno, nelle zone di minor passaggio, dove l’erba tenta disperatamente di sopravvivere, è cosparso di frammenti di vetro, bottiglie abbandonate, andate in frantumi, o volutamente spaccate per essere impiegate come arma, quando il coltello non è a portata di mano.

In questi territori la Polizia è ospite sgradito, e non si fa vedere, né di giorno né di notte.
La fauna qui è pericolosa, e non sai mai come può andare a finire, e se ti va bene, se esci sano da un confronto, un tribunale corrotto nell’anima ti incrimina per eccesso di difesa o, nel caso, di omicidio. Quindi perché rischiare? E poi non importa a nessuno, nessuno ti reclama, nessuno si accorge della tua assenza. Esserci o non esserci? No, questo, per te, non è più il problema.

In questi territori, cosparsi di costruzioni grigie ed anonime, si muove una umanità variegata, in un crogiolo di lingue diverse, che richiamano territori lontani. Gli indigeni sono quasi assenti, e se ci sono, tacciono, per non tradire la loro provenienza, stimolando una qualche ostilità latente, potenzialmente pericolosa. Chi poteva farlo è fuggito, alla ricerca dell’Eden perduto, che esisteva solo nella sua immaginazione. Chi resta è inerte, anche quando si mette in movimento: ripete meccanicamente i gesti di ogni giorno, di cui non ricorda più il significato. Altri neppure si muovono, inebetiti da audiovisivi martellanti, che raccontano un mondo che non c’è, oppure dall’alcool o da altri stupefacenti assorbiti nella notte.

Il popolo della notte è in prevalenza giovane, ben imbottito di violenza, succhiata sin dall’infanzia di fronte agli schermi televisivi, e quando i più vanno a dormire si riversa nelle strade, alla ricerca dello sballo offerto da suoni monotoni e martellanti, nei rifugi dove scorre l’alcool e la droga.
Poco alla volta, nel corso della notte, i rumori si attenuano e sopraggiunge un breve intervallo di silenzio, prima che l’alba incipiente stimoli il risveglio degli altri, quelli che non sono stati stroncati dalle overdosi, quelli che non sono tossici, ma soltanto intossicati dal vivere. E si ricomincia.

Le luci della sera sfavillano come stelle sotto il cielo scuro, o attraverso le vetrine di alcune strade, attraversate dalla processione dei sognatori facoltosi che confondono l’essere e l’avere, due verbi forse studiati a scuola, di cui ignorano il significato. Altre strade appaiono quasi deserte, grigie, ravvivate soltanto dal rumore indistinto delle gomme che rotolano sull’asfalto. Molti si avventurano per le strade alla ricerca di cattivi punti di ristoro, dove sperano di dare soddisfazione al palato, sopportando le lacrime del portafogli.
Con un po’ di fortuna torneranno a casa indenni, sia di stomaco che di portafogli, e saranno convinti di essere felici.

No, non siamo nel profondo dell’Africa: siamo a MILANO !

Ing. Franco Puglia – 8.2.2025