PARLIAMO DI GHIACCIO

I rilevamenti satellitari ci mostrano in questo 2024 un marcato aumento dell’estensione dei ghiacci polari. Una condizione in conflitto con le tesi di riscaldamento globale del pianeta, che forse sta avendo una pausa di riflessione.
Visto che si parla di ghiacci polari, giova ricordare che il ghiaccio ha una densità inferiore a quella dell’acqua (circa 0,92 kg/dm3) e quindi galleggia sull’acqua, ma la parte emersa rappresenta soltanto il 10% circa della massa del ghiaccio galleggiante, mentre il 90% è sommerso. L’equilibrio è determinato dalla cosiddetta “spinta di Archimede” , che sospinge fuori dall’acqua la massa galleggiante in funzione del peso del volume d’acqua che questa sposta con la parte sommersa. E’ lo stesso principio in base al quale galleggiano navi e barche di ogni tipo.

Perché parlo di questo? Perché ho incontrato in rete qualche discussione circa l’estensione delle superfici artiche ghiacciate ed il loro volume, o massa, che sarebbe più caratterizzante nei fenomeni di crescita o riduzione della glaciazione del mare artico.
Cominciamo col dire che la profondità del ghiaccio marino è ben diversa da quella presente sulla terraferma, in Antartide come sulle alte montagne del pianeta.
Sotto il ghiaccio marino c’è acqua di mare, ad una temperatura in equilibrio attorno allo zero centigrado, che consente ancora tutta la vita marina sottostante.
La copertura glaciale sovrastante produce l’analogo dello “effetto serra” , tanto decantato per la nostra atmosfera terrestre, ma qui la terminologia è molto più appropriata, in quanto la copertura glaciale è davvero un TETTO, che mette un limite all’ulteriore raffreddamento e glaciazione dell’acqua sottostante.
Se così non fosse, addio vita marina nelle acque del nord, come del sud del mondo.

L’estensione della superficie ghiacciata è un indicatore delle condizioni climatiche atmosferiche sovrastanti. In pratica descrive l’ampiezza delle aree fredde rispetto a quelle più temperate. Lo spessore del ghiaccio, invece, è un indicatore più incerto.
La glaciazione delle acque è un fenomeno graduale, che produce dapprima un addensamento superficiale ed un velo superficiale di ghiaccio che poi, col passare del tempo, prosegue, se il freddo perdura, ed aumenta la profondità del tappeto glaciale.
Però, più lo spessore aumenta, e più aumenta la resistenza termica verso l’esterno, cioè la capacità dell’acqua sottostante di cedere calore attraverso la massa glaciale per andare ad interessare la massa atmosferica gelida.
In pratica l’aumento di spessore trova un suo punto d’equilibrio tra la temperatura atmosferica esterna e lo spessore del manto glaciale, assumendo che la temperatura dell’acqua, se tale resta, non possa essere sotto lo zero.
In chiave di discussione sul clima, quindi, l’aumento o diminuzione dell’estensione dei ghiacci polari artici ci racconta quanto estesa o meno sia l’area interessata dal raffreddamento invernale in quelle latitudini, mentre lo spessore del ghiaccio ci racconta quale sia la temperatura media nel corso del tempo della massa d’aria sovrastante, unitamente alla durata del fenomeno di glaciazione.

I rilevamenti di quest’anno sono coerenti con una maggiore estensione dell’area fredda nell’emisfero boreale, mentre una indagine sul suo spessore ci darebbe informazioni sulla durata dei periodi di maggior freddo, più ancora che sulle temperature dell’aria sovrastante, soggetta a violente perturbazioni e sbalzi termici. In base a quanto ho scritto sopra, sono portato a pensare che l’aumento delle superfici glaciali sia più significativo, sotto l’aspetto climatico, rispetto allo spessore delle medesime, e questo anche sulla terraferma.
Infatti lo spessore è “proporzionale” alla DURATA dei fenomeni glaciali e nevosi, mentre l’estensione delle aree interessate fornisce informazioni sul come alcune aree del globo reagiscano sotto un profilo termodinamico alla irrorazione di energia solare.
Il fattore TEMPO gioca poi un suo ruolo, visto che la rotazione del pianeta e la sua orbita attorno al sole costringono i fenomeni termodinamici a mutare per adattarsi alle diverse condizioni di insolazione. Qui giocano un loro ruolo i singoli territori, con la loro natura fisica e la conseguente capacità ed inerzia termica, che consente di conservare più a lungo o meno a lungo una condizione di surplus termico oppure di insufficienza termica rispetto alle condizioni termiche in arrivo.

Ing. Franco Puglia

4 maggio 2024