IN MORTE DI SILVIO BERLUSCONI

Silvio Berlusconi è morto, ieri 12 giugno 2023, all’età di 86 anni.
Difficile non parlare di un tale personaggio in occasione della sua scomparsa: ne parlerò, e forse molti non saranno d’accordo col mio pensiero.
Mi dispiace per la sua morte? No, mi è indifferente, quanto quella di chiunque altro al quale non mi leghino rapporti di amicizia, di affetto, o almeno di grande stima e simpatia.
Dirò di più: la mia sensazione è di “liberazione” da un peso che gravava da troppo tempo sulla politica italiana, lo stesso senso di liberazione che si ha quando una persona che versa in grave sofferenza e senza speranza alla fine si spegne, liberando se medesimo e chi gli sta accanto del dolore prodotto dalla sua esistenza in vita.

Silvio Berlusconi è stato indubbiamente un GRANDE italiano, nel bene e nel male.
La grandezza di una persona si misura nell’impatto della sua esistenza su quella degli altri, nel bene e, purtroppo, anche nel male. Silvio Berlusconi è stato entrambe le cose: un uomo che ha saputo dare impulso allo svecchiamento del Paese, non abbastanza, ma meglio di niente, un contraltare allo strapotere mediatico della RAI, con la sua creatura mediatica (Mediaset), comunque un ostacolo allo strapotere della sinistra italiana.

Ma anche un ostacolo grave allo sviluppo di un VERO centro politico di stampo liberale in Italia, e quindi un ostacolo ad una più rapida sconfitta della sinistra e ad una presa di potere da parte di una destra che, sebbene in parte cambiata, resta sempre DIVERSA da un movimento politico liberal democratico nazionale che non ha mai avuto la capacità di nascere, e che Silvio Berlusconi avocava a se, usurpando un diritto che non aveva, abusando del potere che riusciva ad esercitare comunque su quell’area politica.

Silvio Berlusconi è già Storia d’Italia, perché ha occupato uno spazio politico, industriale, umano che pochi nella Storia sono stati in grado di occupare. La sua figura verrà discussa per decenni; avrebbe potuto concludere la sua esistenza meglio di come sia riuscito a fare, rinunciando al protagonismo combattivo del vecchio leone, non diverso da quello di tanti altri personaggi apicali, ma negativi, che hanno solcato i percorsi della Storia umana; avrebbe potuto ritirarsi quando era tempo di farlo, con la dignità dei veri GRANDI, quei pochi uomini, o donne, in cui la grandezza attiene più alla dimensione dell’essere che non a quella del potere.
Ma non lo ha fatto, non rinunciando mai ad essere se stesso, con tutti i suoi evidenti limiti. Riposi in pace, si suol dire: ogni vita è destinata alla sconfitta, inevitabile, della morte.
Saper morire conta quanto il saper vivere.

Dopo i funerali, poco alla volta, si aprirà la lotta per la successione. Taiani potrebbe essere in poll position e forse, all’inizio, prenderà lui in mano le redini del partito, ma poi … Non ha neppure lontanamente la statura di Silvio. E altri? Chi? La soluzione razionale sarebbe lo scioglimento del partito e la rifondazione di un POLO LIBERAL DEMOCRATICO che Silvio aveva avuto la pretesa di rappresentare.
Sparigliare le carte e far emergere i peones prima Schiacciati dalla corte di Silvio. Sarà così? Posso solo auspicarlo.

In questi due giorni, come è normale, quasi non si parla d’altro.
Ma è giusto così. Nel bene e nel male è stato un gigante, tra i pochi che passeranno alla Storia dell’Italia degli ultimi 50 anni.
Si scriverà molto su di lui: chi era quest’uomo?
Io non lo ho mai conosciuto, e l’idea che me ne sono fatto è filtrata e stravolta, in parte, da come se ne è parlato, ma anche da molte evidenze.
Un sorriso prestampato sulla faccia, troppo costante per essere naturale, sincero, non costruito. Narcisista ai massimi livelli, come dimostrano i suoi tanti interventi sul cuoio capelluto e sulla faccia, per apparire il personaggio che voleva essere per il pubblico, mai vecchio, mai stanco, mai preoccupato.
Un uomo che non sapeva avere il senso della misura, con le tante sue celebri uscite fuori luogo, i suoi eccessi verbali e gestuali, in situazioni dove la moderazione e l’autocontrollo dovevano essere d’obbligo.
Un uomo certamente senza scrupoli, capace di fare qualsiasi cosa per raggiungere i suoi obiettivi, abituato a comperare le persone come se fossero oggetti di consumo.
Un “bauscia”, direbbero i vecchi milanesi, che non esistono più da un bel pezzo, pieno di se, sbruffone, millantatore, ma non troppo, perché capace di fare anche dei fatti.
Un padre padrone, che ha forse saputo delegare una parte del suo potere ai suoi figli, forse, perché non sappiamo, e non sapremo mai, quanto ampio fosse veramente questo potere, ma che certamente non ne ha delegato ai suoi tanti collaboratori, fedeli vassalli del sovrano senza corona, tanto che, alla fine del suo percorso politico, non lascia veri eredi, perché il sovrano assoluto, quando muore, non lascia eredi, se non dinastici, ma nel suo caso, mi pare, i figli non hanno voluto raccogliere una tale eredità, che aveva un senso soltanto nelle case regnanti dei secoli scorsi, e se ha ancora poco senso nella vecchia Inghilterra certamente non poteva averne in Italia, in una Repubblica.
Un uomo comunque, va detto, che sapeva scegliere i suoi collaboratori, gente che ha lavorato nell’ombra e che lo ha aiutato concretamente a costruire il suo impero mediatico, politico ed economico. Forse non sapremo mai quanto del successo delle sue imprese sia dipeso da questi umili servitori del sovrano e quanto da lui medesimo.
Nella mia memoria lo associo a Bettino Craxi, che fu suo amico e che permise anche la sua scesa iniziale sostenendolo col potere dato dalla sua posizione politica, e di conseguenza finanziaria, all’epoca.
Credito facile, garantito dalla politica ed affidato ad un uomo che, comunque, seppe farne buon uso, moltiplicandolo a dismisura.
Erede di Craxi, in qualche modo, che fu vittima sacrificale della stagione dell’intransigenza giudiziaria della sinistra italiana, che sbaragliò la politica, scompigliò le carte, senza toccare il PCI ma travolgendo ogni altra formazione politica.
Craxi venne crocifisso, ma Berlusconi no, perché ancora fuori dai grandi giochi, ancora marginale, non ancora pericoloso.
E quando scese in campo, assumendo il ruolo che fu di Craxi, i fulmini si scaricarono su di lui, a torto ed a ragione, perché il suo fare spregiudicato ed arrogante lo esponeva a facili attacchi.
E li subì, pesanti, ma li affrontò coraggiosamente, difendendosi come un leone, anche grazie ai fiumi di denaro che ormai scorrevano nelle sue tasche.
Stando ad indiscrezioni attendibili si comprò la Lega, che da concorrente divenne un alleato, tagliò le gambe a Fini, e si mise al centro della scena.
Ma l’antiberlusconismo divenne politica esso stesso, dando alla sinistra un motivo per esistere, mentre venivano gradualmente meno i motivi tradizionali dell’operaismo.
E Forza Italia congelò il panorama politico nazionale a destra dei frantumi social-comunisti, collante di ambizioni politiche in parte divergenti dei suoi alleati, che hanno avuto, alla fine, uno sbocco femminile credibile in Giorgia Meloni.

Cosa accadrà del suo impero, economico e politico?
Quello economico appare ben consolidato, e resterà, si presume, nelle mani della famiglia, salvo eventuali alienazioni patrimoniali per snellire la complessità del suo impero, come fu la cessione del Milan.
E quello politico? Logicamente non accadrà nulla nell’immediato ma poi gli appetiti emergeranno. Forza Italia ha perduto credibilità e forza nel centro destra, diventandone il fanalino di coda.
L’ascesa di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia, con la debolezza palese di Salvini e della sua Lega, non lasciano pensare che Forza Italia, scomparso il suo leader storico, possa riemergere da quelle che ormai sono ceneri, che raccoglievano ancora dei voti grazie alla presenza del suo leader storico, ma non perché il partito sia capace di occupare una posizione preminente nella coalizione.

Una scomparsa di Forza Italia con il deflusso dei suoi sostenitori all’interno degli altri due partiti del centro-destra sarebbe, sotto certi aspetti, anche auspicabile, andando nella direzione di un futuro accorpamento delle risorse elettorali ed umane in una sola grande forza di destra democratica. Ma non è così facile, anzi: se in una coalizione a tre la presenza di Forza Italia, con il carisma di Berlusconi, poteva esercitare il ruolo di punto di equilibrio, la sua estrema debolezza, o assenza, mette i due partiti che restano uno di fronte all’altro per la conquista della leadership, ciò che fa soltanto il gioco della sinistra.
Questo può determinare una ripresa dei consensi verso Forza Italia, conservandone il nome o cambiandolo, dando al partito una nuova veste politica più decisamente e credibilmente liberale, aprendo le prospettive di una ascesa fondata sul consenso di tutte quelle risorse elettorali che la destra “destra” ha confinato nell’astensione, restituendo al “centro” politico italiano il ruolo che Berlusconi aveva perseguito, senza essere però capace di interpretarlo.

Ma servono INTERPRETI di una tale nuova stagione, interpreti che non si erano ancora affacciati all’orizzonte e che non possono essere rappresentati dai rottami politici del partito berlusconiano, pena la definitiva scomparsa di questa formazione politica.
Una prateria di elettori, forse il 30% dell’elettorato nazionale, si spalanca davanti a noi e questa grande opportunità va raccolta, nell’interesse di TUTTI gli italiani, per superare una volta per tutte le macerie della Prima repubblica su cui venne costruita la seconda, quella attuale, imprimendo al Paese una SVOLTA autentica, che annienti la nuova sinistra senza consegnare il paese ad una destra priva di immaginazione, stimolando un processo evolutivo e culturale nazionale che si faccia politica, per rappresentare gli interessi dei motori di sviluppo ma anche di quanti, e non sono pochi, fanno parte del gregge dei meno attrezzati, dei più deboli, dei troppi che non sono in grado di emergere con l’ascensore sociale e vanno comunque sorretti, senza ricorrere alle utopie socialiste condannate dalla Storia.

Ing. Franco Puglia
13 giugno 2023