
Piove, ed i territori italiani si allagano, se in pianura, franano, se ci sono dei pendii, e la COLPA è sempre di una natura matrigna, che esagera nelle sue normali manifestazioni meteorologiche (bombe d’acqua), perché drogata dai gas serra prodotti dall’uomo, CO2 in testa. Questa è la sola responsabilità che viene perseguita ed accettata: quella di TUTTI E DI NESSUNO, quella dell’umanità cattiva che brucia i combustibili fossili per le sue necessità energetiche.
Di responsabili individuali neppure l’ombra …
Quindi anche la massa di tronchi tagliati che è finita nel fiume, mostrata da tanti filmati e dalla foto sotto è stata opera della CO2?

In realtà le esondazioni hanno avuto luogo soltanto a causa di questo corso d’acqua ma sono state generalizzate. Perché?
I tronchi sono forse stati raccolti dall’esondazione a monte, che li ha raccolti e convogliati lungo il corso d’acqua. Non è questo il punto.
Il punto è che la pianura padana è un BACINO ALLUVIONALE, creato dalle piogge e dai fiumi e torrenti nel corso di milioni di anni.
Il punto è che TUTTE le acque che raccoglie la pianura padana scorrono verso il mare Adriatico, perché la catena montuosa appenninica impedisce un diverso sbocco nel mare Tirreno e, anzi, contribuisce a scaricare parte delle sue acque verso l’Adriatico.
Venezia, che si trova nel bel mezzo del territorio di raccolta e scarico delle acque nell’Adriatico, non a caso, venne inizialmente costruita su palafitte, perché tra mare e fiumi era impossibile poter contare su un livello stabile del suolo fuori dalle acque.
In quelle epoche lontane fiumi e torrenti erano padroni del territorio, e convogliavano ovunque, liberamente, le loro acque, sempre verso il mare. Gli insediamenti umani, poco alla volta, hanno rubato terreno ai corsi d’acqua, confinandone i percorsi, lasciando sempre meno spazio alle esondazioni, dimenticando che più il volume delle acque veniva confinato e più alto sarebbe stato il livello dei fiumi dopo le piogge, per cui le costruzioni umane si sarebbero trovate inevitabilmente al di sotto di quei livelli.
Ma nessuno se ne è preoccupato.
Immaginiamo che la quantità di acque che ci piove dal cielo sia rimasta immutata, nel corso di centinaia di migliaia di anni, quanto a volume e distribuzione territoriale: prima queste acque potevano distribuirsi su una superficie vasta a piacere, senza produrre particolari problemi, e la superficie assorbente, costituita da terreno morbido e non da rocce, era altrettanto ampia. Poco alla volta, però, questa superficie si è ridotta a causa degli insediamenti umani, non soltanto a causa dei terreni edificati ma anche di quelli agricoli, che non si debbono fare allagare, neppure temporaneamente, ragion per cui si è cercato di convogliare le acque nei fiumi e torrenti, alzando anche gli argini, per impedire le esondazioni incontrollate.
Tutto questo è stato umanamente comprensibile ma palesemente contro natura. Si sarebbero potute costruire le abitazioni su palafitte, ma per i campi coltivati non c’era nulla da fare. Il territorio è quello che è, circondato da montagne che convogliano le acque alla grande pianura padana. Le inondazioni ci sono sempre state, e la difesa più comune e diffusa è stata le lacrime …
E allora? Cosa si deve fare? Evacuare la pianura padana, o almeno le zone storicamente a rischio? Ovviamente no, ma non possiamo fermare le piogge, quando decidono di venire, e dovremmo, anzi, benedirle, visto che proveniamo da decenni di estati siccitose.
Dobbiamo capire che tutto il territorio va segnato da una rete di canali di raccolta acque, studiata in modo da distribuire il loro deflusso lungo percorsi che conducano al mare.
Canali che dovrebbero attraversare anche i centri urbani, e che non debbono essere necessariamente enormi, e possono essere anche in parte interrati, purché collaborino allo smaltimento di una parte delle acque e siano alimentati da bacini agricoli di confluenza.
Un progetto idraulico da affidare a ingegneri idraulici competenti, certo non alla politica. Immaginate una ragnatela di piccoli canali in cui le costruzioni rappresentino delle isole tra i tanti canali, una specie di Venezia di terraferma. Questo nell’immaginario: poi si tratta di passare dalla fantasia alla realtà progettuale possibile.
Smettiamola di colpevolizzare la natura ed il clima, che fa solo il suo mestiere, quello di sempre, e se ne infischia dei nostri “gas serra” con quel che segue. Occupiamoci invece di rendere la nostra presenza in questi territori COMPATIBILE con loro, e per dirla in sinistrese SOSTENIBILE anche di fronte alle intemperanze del clima.
Ing. Franco Puglia
22 settembre 2024
