Il clima nel 2024 appare più anomalo del solito, cioè più ribelle alle pretese di temperanza delle popolazioni e degli studiosi del clima. Le intemperanze climatiche chiamano in causa due fenomeni noti, e gli attribuiscono, senza ulteriori spiegazioni, quel che segue.
“Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati dal fenomeno climatico globale conosciuto come “El Niño”: dal Giugno 2023 esso ha provocato, in combinazione con il riscaldamento globale di origine antropica, temperature record, sia a livello del mare, sia a livello dell’oceano.“
Il riscaldamento globale di origine antropica non poteva mancare: non va mai dimenticato, deve condire tutte le pietanze climatiche, pena il licenziamento in tronco.
“Ora, tuttavia, questo fenomeno è pronto a cedere il passo, in vista della stagione estiva: secondo quanto indicano le ultime previsioni del Climate Prediction Center (CPC) della NOAA, già da Maggio 2024 le anomalie della temperatura superficiale del mare (SST) si sono portate ben sotto le medie climatiche nella maggior parte dell’Oceano Pacifico equatoriale; questo è il segnale che sta per iniziare un altro fenomeno, quello noto come la Niña. Esso indica un raffreddamento della temperatura delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centrale ed orientale che di frequente influenza il clima del nostro Pianeta, con diversi riflessi anche in Europa e in Italia in quanto riesce a modificare la circolazione planetaria delle grandi figure atmosferiche. “
Affermazioni gratuite, visto che nessuno spiega in che modo la temperatura superficiale delle acque dell’Oceano Pacifico possa interferire col clima di parti del mondo molto distanti, ed attraverso quali meccanismi.
“Le acque superficiali del Pacifico più fredde del normale. Statisticamente, in presenza di questo particolare evento si assiste ad un aumento delle precipitazioni nel Sud-Est asiatico, in alcune parti dell’Africa, in Brasile (dove sono già in atto delle terribili alluvioni) e in Australia. Nel contempo esso comporta delle significative fasi siccitose nelle Americhe occidentali, nel Golfo del Messico e nell’Africa nord-orientale.“
Statisticamente; la parola magica. Rapporti di causa-effetto sconosciuti, ma, statisticamente …. A nessuno viene in mente che la Niña come il Niño possano essere effetti concomitanti, non cause, di stimoli climatici di natura diversa, capaci di agire su un insieme di elementi, con manifestazioni diverse. Nessuno si chiede da cosa possa dipendere un calo della temperatura “superficiale” di un oceano, laddove, se aumentasse, si potrebbe pensare a fenomeni vulcanici, ma se diminuisce … E poi perché solo in superficie? Farebbe pensare ad una immensa corrente di acqua dolce gelida che scorre nella massa marina più prossima alla superficie, ma …. E la presenza di correnti marine di superficie si può rilevare.
“Non solo, una delle conseguenze più pericolose della Niña nel mondo è legata al verificarsi di tempeste sul comparto atlantico. Essa genera infatti condizioni più favorevoli alla formazione di uragani nel bacino del Nord Atlantico, in particolare a causa del gradiente dei venti in quota più debole e della maggiore instabilità atmosferica. Queste condizioni non solo favoriscono uragani più numerosi, ma anche più duraturi, comportando quindi un rischio maggiore di impatto sulle terre americane.“
Anche qui osservazioni sui fenomeni, ma perché correlarli a quanto accade tanto lontano? Le correlazioni sono SEMPRE arbitrarie, in assenza di un dimostrabile rapporto di causa ed effetto.
“Questa tipologia di fenomeni, che un tempo interessavano praticamente solo gli oceani, sempre più spesso si formano anche sul Mediterraneo (Mediterranean Hurricane), con conseguenze potenziali che riguardano da vicino anche la nostra Italia. il rischio, per il nostro Paese, è quello di avere eventi estremi come nubifragi e nei casi più eccezionali le così dette “alluvioni lampo” che solitamente interessano fasce ristrette di territorio (come successo in Toscana e in Romagna nel 2023, a Ischia e nelle Marche nel 2022 e nel 2021 in Sicilia solo per citare le più recenti), scaricando al suolo ingenti quantità d’acqua. Una situazione potenzialmente molto pericolosa. Nel concreto, nei prossimi mesi secondo gli ultimi aggiornamenti del Centro Europeo potremmo avere ancora lunghe fasi siccitose interrotte però da queste tempeste, particolarmente intense.“
E siamo al Mediterraneo, una specie di laghetto nostrano se confrontato con la massa degli oceani. Inoltre un mare “interno”, collegato all’oceano atlantico da una piccola fessura tra le terre emerse. Ma non importa: senza dimenticare il nostro “colpevole contributo antropico”, le pernacchie nel Pacifico si percepiscono anche sulla costa romagnola.
Questa descrizione, certamente a carattere divulgativo, ci racconta però quale sia la natura delle verità che vengono trasmesse all’opinione pubblica in merito al clima. Se qualcuno volesse dire che dipende da fenomeni solari, cosa forse più credibile, verrebbe derubricato come negazionista della sola ed unica verità: quella del Main Stream, quale che sia. La sola verità inoppugnabile consiste nella nostra ignoranza circa le relazioni tra fenomeni complessi e quantitativamente non misurabili, oltre che difficili da interpretare anche sotto il profilo qualitativo. Pretendiamo di sapere perché accade, cosa accadrà, dove e quando, e persino di impedire che accada, prendendo il timone del clima, grazie alle nostre relazioni speciali col divino, per il tramite dei nostri moderni stregoni.
Introduzione Tutti gli animali del pianeta temono le forze della natura, e gli esseri umani non fanno eccezione, e tanto meno facevano eccezione quando la conoscenza della natura e delle caratteristiche di queste forze era scarsa, per non dire inesistente. Parlo dei tempi della comparsa dei primi ominidi sul pianeta, e dello sviluppo delle prime comunità umane e delle prime civiltà. L’impotenza umana di fronte ai fenomeni naturali, preponderanti la presenza del sole e della luna, ed il clima, con le sue intemperanze, fecero supporre agli umani che questi elementi avessero un carattere soprannaturale, divino, ed iniziarono a sottomettersi a queste forze di supposta natura divina, in testa a tutti il Sole, il dio Osiride degli antichi egizi. Di fronte alla capacità distruttiva, oltre che creativa, delle forze naturali, divenne spontaneo cercare di addomesticarle, di ridurne l’impatto talvolta devastante, che spaziava dalla siccità all’estrema piovosità alluvionale. Ed ecco nascere gli STREGONI, i sacerdoti, che avocavano a se la capacità di dialogare con queste divinità naturali per invocare la loro clemenza, in cambio di sacrifici, spesso cruenti. Quindi esiste un legame ancestrale tra il CLIMA e la RELIGIOSITA’ , verso chiunque rivolta, da quella politeista a quelle monoteiste, che sono giunte sino ai giorni nostri.
Oggi, in epoca significativamente laica, questo atteggiamento ha subito una metamorfosi scientifica, cercando di prevedere i comportamenti del clima per anticipare, quando possibile, le strategie di difesa, ma più recentemente si è arrivati alla pretesa di modificare i comportamenti del clima per temperarlo, per adeguarlo alle nostre esigenze, e questo attribuendoci un ruolo attivo di alterazione climatica su scala planetaria, quindi sotto il nostro diretto controllo, quindi manipolabile a piacere. Così gli stregoni di un tempo hanno mutato il nome e l’aspetto: oggi si chiamano meteorologi e climatologi, novelli maghi capaci di comprendere i fenomeni dell’atmosfera, di prevederne il comportamento e persino di alterarlo. Va detto che i nuovi stregoni sono studiosi con basi scientifiche reali, e che oggi disponiamo di molti strumenti sofisticati per studiare, analizzare, investigare i fenomeni atmosferici sotto diversi aspetti. Non solo: la scienza ci ha permesso di investigare anche nel passato remoto della nostra storia planetaria per scovare brandelli di mondi sepolti, da cui tentare di immaginare e ricostruire antiche realtà scomparse. La Geologia è la scienza che investiga su questi passato remoto. Ed ecco che un ben noto stregone del clima, Mario Giuliacci, che ha ormai ceduto al figlio lo scranno televisivo delle previsioni meteorologiche, ma conserva almeno un suo spazio di rete per proseguire nel suo lavoro di sempre, così ci racconta la storia del clima del pianeta, facendo uso di narrazioni non sue e di considerazioni sue, di dati scientifici credibili ed altri frutto di immaginazione collettiva.
Clima del passato. Ultimi 400 mila anni A Cura di Mario Giuliacci (Presuppone nozioni base di Fisica dell’Atmofera)
Andamento Tglobo nei tempi Il clima, sulla Terra, non è rimasto uguale a se stesso nei tempi, e anzi ha subito nel corso di milioni di anni profonde mutazioni. L’andamento della temperatura media del Globo ne è un chiaro indizio: epoche molto più calde o più fredde di quella attuale si sono alternate durante milioni di anni. Le cause che ne hanno modificato le caratteristiche sono molteplici: dalla variazione dell’energia proveniente dal sole, ai cambiamenti della composizione atmosferica fino alla deriva dei continenti. Sin qui tutto vero ed innegabile. Le prove di grandi cambiamenti morfologici del pianeta nel corso di milioni di anni sono incontestabili, in termini di accadimento, mentre bisogna ricorrere spesso all’immaginazione per quanto attiene alle cause dei fenomeni.
Come è nata atmosfera L’atmosfera primitiva era composta principalmente di elio e idrogeno, composti molto leggeri che, ben presto, si dispersero nel cosmo. Una “ipotesi” credo non verificabile, probabilmente determinata dall’assimilazione del pianeta ad una palla di fuoco spenta, di origine assimilabile a quella solare. I gas espulsi dai vulcani diedero nel frattempo vita a una nuova atmosfera: vapore acqueo, CO2 e, in parti minori, azoto. Le incessanti piogge che seguirono rimossero gran parte della CO2, mentre grazie alla dissociazione delle molecole d’acqua, operata dai raggi UV, comparvero infine anche l’ossigeno e l’ozono. Così, con l’ozono a bloccare i raggi UV e la fotosintesi vegetale a mantenere costante la concentrazione di ossigeno, l’atmosfera si è conservata pressoché inalterata negli ultimi 600 milioni di anni. Anche qui la fantasia, dei geologi, non solo quella di Giuliacci, si è data da fare: non credo esista alcun modo di indagare sulle prime attività vulcaniche, in special modo se si presume una natura solar simile del pianeta; che si sia formato del vapore acqueo, grazie alla presenza massiccia dell’idrogeno, è evidente, e la massa delle acque è arrivata sino ai giorni nostri, ma anche l’ossigeno doveva essere presente in maniera importante, altrimenti niente molecola d’acqua. Supponendo esauriti i fenomeni radioattivi, e quindi le trasmutazioni nucleari, il passaggio alla fase puramente chimica di sviluppo del pianeta implica una presenza di TUTTI gli elementi di base del mondo che conosciamo, nessuno escluso. E’ assurdo sul piano scientifico immaginare che la molecola d’acqua pre-esistesse all’ossigeno libero, mentre è normale che idrogeno libero ed ossigeno libero brucino formando molecole di vapore acqueo.
Paradosso Giovane Sole Debole Ai primordi un ruolo essenziale per la comparsa della vita sul nostro Pianeta l’ha svolto però l’effetto serra. La radiazione solare, 3-4 miliardi di anni fa, era infatti del 25% meno intensa di oggi, ed è poi cresciuta linearmente con il passare delle ere: se l’atmosfera avesse avuto la stessa composizione di oggi, la crosta terrestre sarebbe rimasta totalmente coperta di ghiacci fino a circa 2 miliardi di anni fa (paradosso del “giovane sole debole”). Ciò non avvenne grazie al forte effetto serra prodotto dalle grandi concentrazioni di CO2 e vapore: grazie a ciò il pianeta si mantenne caldo e le prime forme di vita sulla Terra apparvero già 3,5 miliardi d’anni fa. Non so su quali basi si possa affermare che il Sole fosse più debole di oggi in epoche tanto remote. Immagino che si tratti di una deduzione degli astrofisici, in base ad osservazioni fatte con i loro radiotelescopi, assimilando alcune stelle della nostra galassia al nostro Sole, ed ipotizzando comportamenti analoghi, tuttavia difficili da immaginare anche per le stelle, visto che la radiazione che riceviamo in un dato momento è “antica” (ci vogliono centinaia di anni luce perché arrivi a noi) e non siamo abbastanza vecchi, scientificamente, per confrontare la radianza delle stelle su scale temporali tanto estese. Perciò la prendo come una “narrazione” nel grande romanzo della vita planetaria. E qui Giuliacci introduce il concetto di “effetto serra”, attribuito a CO2 e vapore acqueo. Non è dato di sapere da dove provenisse tutta questa CO2. Dai vulcani ? Si, è possibile, supponendo che nelle viscere della terra fosse presente carbonio in grande quantità. Infatti si suppone che si stia parlando di PRIMA della comparsa di qualsiasi forma di vita sul pianeta. Qui, forse, sarebbe stato opportuno precisare che grazie alla presenza atmosferica di CO2 e vapore acqueo, quindi acqua, a grandi concentrazioni fu possibile lo sviluppo delle prime forme di vita batterica e vegetale, delle prime muffe, dei primi licheni.
Snowball Earth Per ben 4 volte, tra 750 e 580 milioni di anni fa, il ghiaccio ricoprì la quasi totalità della superficie terrestre (Terra Palla di Neve). Causa di ciò il sole, che ai tempi forniva circa il 6 % in meno di energia, e l’insolita disposizione delle terre emerse, tutte concentrate all’Equatore: disposizione che favorisce un raffreddamento del Pianeta. La Terra ghiacciata, riflettendo maggiormente la luce solare, sarebbe dovuta scivolare verso un clima di freddo perenne. In realtà, cessate le piogge che la rimuovono dall’atmosfera, grazie alla continua emissione dei vulcani, la CO2 raggiunse concentrazioni 350 volte superiori a quelle attuali: il forte effetto serra che ne scaturì permise così lo scioglimento dei ghiacci. Qui la fantasia di Giuliacci prende il largo e naviga senza più ostacoli: supponiamo che esistano PROVE autenticamente scientifiche di glaciazioni estese in quelle remote epoche; parlare di 4 volte significa che le glaciazioni vennero intervallate da periodi caldi. Dovuti a cosa? E quanto forte o debole fosse la radiazione solare all’epoca, beh, lasciamo stare …. Ha senso immaginare, ma solo immaginare, che la nostra stella abbia avuto importanti fluttuazioni nella sua erogazione di energia, con conseguenti raffreddamenti e riscaldamenti del pianeta, ma siamo nel campo della mera immaginazione. Ma qui il nostro uomo non perde l’occasione per sottolineare il ruolo fondamentale della CO2 nel produrre un effetto serra così importante da riuscire a scongelare il pianeta, intrappolando la radiazione solare. IPCC applaude per questo “assist” forse non richiesto, ma gradito. In concreto, la sola cosa che ha senso immaginare, e ribadisco, IMMAGINARE, è che la presunta forte concentrazione atmosferica di CO2, unitamente ad un congruo irraggiamento solare, abbia favorito climi più temperati, anche grazie ad un rigoglioso sviluppo della vegetazione che, non dimentichiamolo, è stata la base per lo sviluppo di tutte le forme di vita animale, comprese quelle dei rettili giganti, spesso erbivori, i cui scheletri troneggiano nei nostri musei.
Cretaceo Durante il Cretaceo, intorno a 100 milioni di anni fa, il clima terrestre raggiunse il suo punto più caldo. La temperature media del Globo, intorno a 22,8 °C, era più di 7 gradi superiore a quella attuale, e neanche ai Poli erano presenti ghiacci permanenti. In un clima così caldo, e anche molto umido per l’intensa evaporazione, prosperarono dinosauri e ogni genere di vegetali. La causa di un tale riscaldamento? Un forte effetto serra, con grandi quantità di CO2 immessa in atmosfera dai vulcani, e una diversa disposizione dei continenti, che consentiva alle correnti oceaniche di tracciare percorsi più idonei a ridistribuire il calore accumulato all’Equatore su tutto il Globo. E qui la narrazione prosegue nel solco appena tracciato: mi fa sorridere, per non dire altro, la valutazione sulla “temperatura media del globo”, misurata, suppongo, da dinosauri specializzati, capillarmente diffusi sul pianeta. E notate la precisione della misura: 22,8°C, non 20 .. 24 , ma 22,8 precisi. E chi si doveva ringraziare per il grande caldo? Non il calore prodotto dai fenomeni vulcanici, non le energie messe in gioco dalla deriva dei continenti, non l’attività solare (peraltro sconosciuta) ma la grande concentrazione atmosferica di CO2, e la sua “serra” ….
Cenozoico Durante il Cenozoico, ovvero negli ultimi 50-60 milioni di anni, il clima è andato incontro a un progressivo raffreddamento. Le cause della fine del periodo caldo del Cretaceo? Tutto sembra dovuto alla deriva dei continenti. Da una parte per l’incremento delle terre emerse alle alte latitudini, dove il ghiaccio ha potuto attecchire: ciò significa maggior quantità di energia solare riflessa nello spazio. Dall’altra per l’interruzione delle principali correnti oceaniche responsabili del trasporto di calore dall’Equatore ai poli. In ultimo per la formazione delle grandi catene montuose, nelle cui rocce viene fissata, sotto forma di silicati, CO2 non più disponibile per l’atmosfera: meno effetto serra, meno caldo. Anche qui voli di fantasia nella narrazione di Giuliacci: qui la sensazione è che si tratti di fantasie tutte SUE e non dei geologi. Deriva dei continenti ed increspature della crosta terrestre, con la formazione delle catene montuose: ci sta. Spostamento di terre emerse più a nord, dove l’irraggiamento solare annuo è inferiore: ci sta. Maggiore albedo (riflessione di energia verso l’alto da parte dei ghiacci): si, ma prima invece, quando era tutta ghiacciata? La PERLA del discorso viene quando ci racconta che nelle rocce delle catene montuose la CO2 viene “fissata sotto forma di silicati” . Insomma la CO2 sarebbe stata “assorbita dall’atmosfera”, allo stesso modo di quello che fa il mondo vegetale, e fissata nelle rocce sotto forma di SILICATI, non di carbonati, non di calcare, non di dolomia, ma silicati, cioè composti del silicio !!! Io credo che anche i bambini sappiano che le rocce calcaree derivano da sedimenti marini antichissimi, cosa provata dalla presenza di fossili di animali marini incorporati nelle rocce. E le rocce sono carbonati di calcio o di altri metalli, non sono “carbonati di silicio” o “silicati di carbonio”, che NON esistono in natura.Uno “scienziato” NON può scrivere cose simili ! E neppure uno studentello.
Glaciazioni Nell’ultimo milione di anni lunghi periodi molto freddi, le glaciazioni, si sono alternati a periodi più caldi, fasi interglaciali. Durante le glaciazioni la quantità di ghiaccio è cresciuta su gran parte del Globo durante quasi 100.000 anni, per poi ritirarsi velocemente in poche migliaia d’anni. A regolare l’alternarsi di periodi freddi e caldi sono le cicliche variazioni dell’orbita terrestre, che influenzano la quantità di energia solare che raggiunge la Terra. Difatti cambia l’eccentricità dell’orbita attorno al Sole (periodo di circa 90.000 anni), ruota l’asse attorno a cui la Terra gira su se stessa (21.000 anni) e varia anche l’inclinazione dell’asse di rotazione rispetto al piano dell’orbita (40.000) anni: i tre cicli sono noti come Cicli di Milankovich. Una volta tanto non metto questo in discussione. Non controllo i numeri, ma questi cambiamenti si, sono osservazioni più attendibili, perché fondate su fenomeni osservabili anche nel breve periodo, prendendo con beneficio d’inventario la durata dei diversi cicli.
Ultima Glaciazione L’ultima glaciazione, iniziata circa 80.000 anni fa, raggiunse il suo massimo 18.000 anni fa: l’Alaska, quasi tutto il Canada e le regioni settentrionali degli odierni Stati Uniti erano sepolti sotto un’unica lastra di ghiaccio spessa circa 1 chilometro, mentre in Europa i ghiacci si spinsero fino alle odierne Amburgo e Berlino. Molto minore l’incremento dei ghiacci sull’Emisfero Sud: a causa della scarsità di terre emerse alle latitudini polari e temperate, i ghiacciai trovarono meno terreno su cui espandersi. Le temperature tornarono rapidamente a salire e ghiacci a sciogliersi circa 12000 anni fa, decretando la fine dell’ultima grande glaciazione. Queste sono nozioni abbastanza attendibili, perché riferite a periodi storici molto più recenti.
Slide9 (Dryas) Il riscaldamento prevalse per circa 1000 anni, poi improvvisamente, circa 11000 anni fa, la Terra andò incontro ad un nuovo raffreddamento: in appena 100 anni Nord Europa e Nord America tornarono a condizioni glaciali. Un periodo, noto come Dryas Superiore, che durò circa 1000 anni. La causa fu il blocco del nastro trasportatore atlantico, tramite il quale acqua molto fredda e salata (e perciò pesante) sprofonda verso gli abissi nel Nord Atlantico, rimpiazzata dall’acqua calda della Corrente del Golfo. Nel Nord America difatti l’acqua di fusione dei ghiacciai si concentrò per secoli nel Lago Agassiz: quando però il ritiro dei ghiacci aprì un canale verso est, enormi quantità di acqua dolce (e quindi leggera) affluirono nel Nord Atlantico, bloccando il nastro trasportatore. La regione si liberò dal freddo solo quando il nastro, con il suo apporto di calore, riprese a funzionare. Anche qui non metto nulla in discussione. Nozioni prese dagli studi geologici, che non ho motivo di confutare o confermare e che, comunque, sottolineano l’estrema variabilità del clima del pianeta, a prescindere da presenze umane di rilievo come quelle attuali.Il racconto di Giuliacci, in questo, si allinea con quello di tanti altri studiosi che, sulla base di dati oggettivi e di altri derivati, hanno cercato di immaginare e descrivere la storia geologica e climatica del pianeta.
Ultimi 10.000 anni I primi millenni successivi al Dryas Superiore furono molto caldi. Tra 9000 e 5000 anni fa le temperature crebbero di diversi gradi e si raggiunse quello che è considerato l’Optimum Climatico: il clima in Europa era in media 2-3 °C più caldo di oggi, mentre in Asia e Africa monsoni molto più intensi di quelli attuali portavano piogge estive anche nel Deserto del Sahara. Nei millenni successivi il clima ha oscillato “dolcemente” tra periodi r relativamente freschi, come quello che ha visto la nascita di Roma, o caldi, come quello dell’Alto Medio Evo quando si coltivava la vite anche in Inghilterra. Tutto questo fino al brusco cambiamento climatico del XV che segna l’inizio della Piccola Era Glaciale. Qui si ferma la narrazione di Giuliacci. Cosa dire? Una narrazione di natura geologica fatta da un meteorologo, di cui non si comprende lo scopo, visto che il mestiere del meteorologo è osservare l’oggi ed immaginare l’immediato domani, non rivangare il passato, e neppure è suo compito indagare sulle cause remote e non macroscopiche che determinano la fenomenologia atmosferica odierna. Ma Giuliacci è un nome ben conosciuto dal vasto pubblico italiano, una faccia simpatica, che ha sempre ispirato fiducia, e quindi quel che dice ha una sua credibilità, anche quando dice delle sciocchezze. Ecco allora che questo suo scritto, pubblicato nel suo spazio di rete, appare ambiguamente strumentale, perché mescola una realtà geologica immaginata da una diversa scienza, ma priva di impatto socio-politico-economico, con indicazioni su meccanismi clima alteranti, con il supposto ruolo della CO2, che assumono una precisa connotazione politica e fanno anche pensare che la scelta di produrre questa pubblicazione non sia stata scevra da interessi non espliciti, ma concreti. Gli STREGONI non si sono mai estinti.