MA COS’E’ UNA CITTA’?

Questo è l’interrogativo a cui dovrebbe prima di tutto saper rispondere chi voglia pensare ad un Piano Generale del Territorio per una qualsiasi città del mondo. E poi anche, di conseguenza, a CHI serve, e per fare cosa ? E per rispondere a questa domanda occorre fare un viaggio nel tempo, a ritroso.

Il passato ci racconta molto sulla natura delle città e sulle funzioni che svolge, ed i bisogni a cui soddisfa: scopriamo che prima di tutto ha una funzione abitativa, per le persone, ed una funzione di garanzia di sicurezza. Un involucro protettivo, dalle intemperie, ma anche contro altre forze naturali, e contro gli uomini. Perciò : SICUREZZA PERSONALE.
E dove si colloca questo guscio protettivo che è la casa ? Accanto ad altre case, non lontano da queste. Perché ? Perché la difesa, insieme, è più facile.
Il passato ci racconta di città fortificate come di abitazioni fortificate (i castelli).

E cos’altro ? Ciò che serve per sopravvivere, i campi, gli animali domestici, le acque dei fiumi, o quelle del mare, la fauna da cacciare, in altre parole : CIBO.
La casa, la città, nei pressi delle fonti di sussistenza, acqua e cibo.
E cos’altro ? I commerci, gli scambi, la facilità nel procurarsi da altri quello che non puoi procurarti con le tue sole mani.
E nei territori abitati dagli uomini nascono molte città, o villaggi, funzionali al controllo di un TERRITORIO capace di produrre risorse economiche di sussistenza.
E nasce l’esigenza di comunicare tra le diverse città e villaggi, sempre a scopo commerciale, perché alcuni territori offrono risorse che altri non hanno.

Cosa è cambiato sino ai giorni nostri ? Nella sostanza poco; molto nella forma.
Cosa vogliono, oggi, gli esseri umani del 21° secolo ?
Una CASA, ieri come oggi ; un insieme vasto di edifici popolati, per ospitare la popolazione che produce cose che si possano scambiare, anche se non con tutti.
SICUREZZA, un ambiente che difenda da ogni forma di pericolo proveniente dall’esterno, ma anche dall’interno ; un luogo SICURO dove poter vivere, e fare figli, ieri come oggi.
Ed anche CIBO, cioè opportunità di svolgere un lavoro che produca reddito.
Ed anche MOBILITA’ , perché le città oggi sono anche molto estese, e gli scambi, di qualsiasi tipo, richiedono spostamenti fisici, di persone e merci.

Certo, oggi la realtà sociale è molto più complessa di quella dei secoli scorsi.
Alla città si chiede di offrire anche SVAGO, SPETTACOLO, quello che ieri erano le sagre paesane o le feste religiose. Nonostante i surrogati mediatici offerti dalla televisione e dalla Rete lo spettacolo fisico svolge ancora un ruolo di grande attrazione di massa, in campo sportivo (calcio), musicale, culturale.
I grandi cambiamenti epocali nella divisione internazionale del lavoro hanno allontanato dai centri urbani le grandi ma anche le piccole produzioni materiali non agricole.
La produzione agricola proviene da OVUNQUE nel mondo, ma sopravvive anche in contesti locali extraurbani, poco urbanizzati. Le città del 2021 ed anni a venire, conservano in parte il loro retaggio storico, urbanistico ed architettonico, assieme ad infrastrutture urbane più recenti, spesso completamente diverse. Ogni città ha una sua ANIMA, che dipende dal suo retaggio storico, sia sotto il profilo urbanistico ed architettonico che umano e culturale.
Ed è quest’anima che attira sia i residenti storici che i turisti.
Ma è un’anima che il tempo diluisce, inevitabilmente, per fare fronte ai bisogni primari di una popolazione crescente : casa, sicurezza, cibo, mobilità, reddito.

In un mondo complesso, conciliare tutti questi bisogni è cosa complessa.
Il tessuto sociale non è più omogeneo ed equamente distribuito come un tempo.
I nuclei familiari sono frammentati: la famiglia patriarcale non esiste più.
La popolazione anziana supera largamente quella più giovane.
Numerose diverse etnie popolano le città, con un apporto di culture diverse, abitudini diverse, che si integrano poco, anche quando si fanno sforzi in questa direzione.
Le fonti di produzione di reddito legate alla produzione di merci sono più o meno lontane dalle città; i cittadini lavoratori debbono spostarsi quotidianamente tra casa e lavoro, anche su lunghe distanze.
Le etnie simili tendono a concentrarsi nelle medesime aree del territorio urbano, creando enclavi culturali. L’offerta di lavoro all’interno della cerchia cittadina è molto ridotta, in rapporto alla popolazione residente, e si fonda essenzialmente sui commerci, grande e piccola distribuzione, sui servizi pubblici e privati, sanitari, amministrativi, in maniera limitata su spettacolo ed intrattenimento, e poi ancora assistenza domestica, ad anziani e non, ecc. La fascia di popolazione emarginata dalle fonti legali di reddito è crescente e la microcriminalità aumenta il disagio esistenziale dei cittadini, la loro insicurezza.
La mobilità dei cittadini è problematica, perché le distanze sono elevate e le vie di transito sono insuffcienti e lente in rapporto al traffico da smaltire, sia esso privato o pubblico.
I costi, anche per i bisogni essenziali, sono sproporzionati al reddito, per una vasta fascia della popolazione (non per tutti), e diventa difficile soddisfare i bisogni primari, tra cui la CASA, ma anche la SICUREZZA, compromessa da un vasto tessuto sociale marginalizzato, e trovare fonti di reddito quando il mondo della produzione prende altre strade, diventa spesso impossibile.

Immaginare un Piano Generale del Territorio per una qualsiasi città del pianeta significa promuovere lo sviluppo di un tessuto urbano che non frapponga ostacoli alle forze produttive, quelle di oggi e quelle di domani, impedendo tuttavia che interessi individuali e particolaristici possano stravolgere parti della città allontanando quelle aree dagli elementi di interesse collettivo. Elementi che sono, immutabilmente :

  • Disponibilità di alloggi economicamente accessibili alle diverse fasce della popolazione
  • Viabilità senza ostacoli, cioè vie di comunicazione, strade per gomma e strade ferrate, veloci, capillari, capaci di collegare velocemente ogni punto della città, ma anche i centri abitati più periferici, le altre città, vicine e lontane, anche in altri paesi del mondo.
  • Punti di accesso ai servizi fondamentali, sanitari, alimentari, tecnici.
  • Luoghi d’incontro, di socializzazione, di alimentazione del tessuto sociale, come furono tradizionalmente le piazze, ma anche luoghi d’incontro a carattere sportivo, ludico, culturale

E tutto questo si deve sviluppare a partire da ciò che esiste, perché le città non si possono radere al suolo e ricostruire, e se anche si potesse andrebbe persa la loro anima, e con questa il senso stesso del viverci.
Molti discorsi in tema di urbanistica che ho ascoltato sono fondati sul nulla cosmico.
L’urbanistica si fa con il metro rigido in mano, con gli scarponi nella palta e con gli occhi bene aperti sulle grandi direttrici abitative e viabilistiche della città, per ampliarle, per rimuovere gli ostacoli, per rendere intercomunicanti vasi abitativi spesso isolati, per destrutturare i ghetti, per limitare le necessità, ineliminabili, del trasporto individuale, grazie alla convenienza di un sistema di trasporti collettivi capillare e veloce, senza creare regole rigide, perché il territorio deve essere elastico, flessibile, adattabile ai cambiamenti imposti dal suo tempo, e lo sviluppo locale deve essere un prodotto di sintesi tra interessi privati, interessi dei residenti, visione d’insieme della P.A. locale.
Ogni caso è a se stante, e non può obbedire a regole generali.
Comanda il quartiere, non il sindaco, ma la città nel suo insieme comanda sul quartiere.
La gente, la massa, è spesso stupida, disinteressata, ma sa anche esprimere competenze, capacità di visione d’insieme, idee che sanno andare oltre i limiti della visione di uno specialista.

Ho vissuto a Milano sin dalla mia più tenera infanzia, quasi ininterrottamente, e la ho vista crescere, caoticamente, con un peggioramento progressivo della qualità della vita dei suoi abitanti, per certi aspetti, anche se non per altri, perché la deindustrializzazione ha liberato Milano dai suoi aspetti più deteriori, come le vie d’acqua ridotte a fogne a cielo aperto ed i quartieri industriali degni di foto d’epoca, per mostrare quanto degradata potesse essere la vita nei quartieri operai. Per non parlare dell’aria, che era “veramente” irrespirabile nelle nebbiose giornate invernali.

Poi Milano ha attraversato un periodo, breve, di relativa crescita civile, pur con la riduzione del tessuto industriale, ma è durata poco : la perdita di posti di lavoro, generalizzata, ha fatto affluire in città nuovi poveri, e le ondate migratorie hanno fatto il resto. Oggi interi quartieri di Milano sono diventati degradati, pericolosi, persino fuori controllo dalle forze dell’ordine.
Qui la funzione della città è stata annientata : il binomio CASA+SICUREZZA si è infranto.
La Politica parla delle periferie, ma non sa come affrontarle; parla di creazione di posti di lavoro, ma non è il suo compito, ed il farlo non è in suo potere.

Le soluzioni non sono a portata di mano, ma passano attraverso le stesse definizioni dei bisogni primari : CASA, SICUREZZA, VIABILITA’, LUOGHI DI SOCIALIZZAZIONE, SERVIZI ESSENZIALI FUNZIONANTI.
Il lavoro forse verrà, forse no. Lo stimolo all’economia dipende anche da leggi nazionali, dalla collocazione internazionale dell’Italia, nell’Europa e nel mondo.
Non riguarda l’urbanistica ed il PGT : questo deve soltanto rimuovere ostacoli, facilitare il VIVERE LA CITTA’, rendendola attraente sotto ogni profilo : turistico, residenziale, lavorativo e della mobilità locale ed a lunga distanza (collegamenti rapidi e frequenti su gomma o rotaia con altre città, ma anche mobilità individuale su gomma).

Nella gradevolezza del vivere in una città rientra anche l’aspetto del VERDE PUBBLICO, che non va mitizzato, perché un parco pubblico non potrà mai sostituire un ambiente naturale non antropizzato, ma va collocato come gradevole complemento e spazio arioso tra gli edifici, senza dimenticare che, purtroppo, ogni spazio aperto è potenzialmente insicuro, perchè pensare di azzerare la microcriminalità urbana è utopia. E nella gradevolezza del vivere rientra anche l’aspetto delle strade della città, perché strade e piazze sono le arterie di un corpo urbano vivo, in cui deve scorrere il sangue (la circolazione pubblica e privata) ma senza trombosi, senza placche arteriose da veicoli in sosta permanente.
Ma per ottenere questo occorre predisporre spazi per accogliere tutti questi automezzi, che non si possono ragionevolmente far sparire, perché va ricordato che l’intera nostra moderna civiltà è nata e cresciuta sulla nostra capacità individuale di mobilità, e se oggi volessimo azzerarla, spariremmo con essa. Non voglio neppure pensare ad un essere umano confinato nella sua abitazione, dedicato al telelavoro, alimentato dalle consegne alimentari veloci di Amazon, dedito allo shopping in rete ed all’autoerotismo digitale.

Perciò occorre passere dalle idee astratte e scorrelate dalla realtà ad un’ideazione creativa misurata sul reale, sulla città che c’è, sui bisogni essenziali della gente, rimuovendo ostacoli, liberando la forza della gente, il suo bisogno di vivere, di crescere, di prosperare.

Ing. Franco Puglia

La viabilità milanese : problema irrisolto di sempre, volutamente.

La viabilità in un ambiente urbano significa :

  • vie di comunicazione
  • strumenti di comunicazione

Gli strumenti sono pubblici e privati. Le vie di comunicazione sono sempre pubbliche, ad uso esclusivamente pubblico o misto. La politica, o meglio le ideologie su cui si fonda, sono orientate e favorire lo sviluppo dell’uno o dell’altro impiego di strumenti e vie di comunicazione: il pubblico oppure il privato.
A Milano, almeno negli ultimi 70 anni, la Pubblica Amministrazione ha fatto del suo meglio per ostacolare la circolazione degli automezzi privati, favorendo quella dei mezzi pubblici.
Il tutto con pessimi risultati. Cosa funziona a Milano ?

  • Le linee metropolitane, perchè hanno corsie di transito riservate e senza ostacoli
  • E poi ? Niente altro

Cosa NON funziona a Milano, o funziona male ?

  • Le linee pubbliche di superficie, elettriche (tram, filobus) o meno. Perchè ? Perché più spesso NON dispongono di corsie di transito riservate e perchè sono costrette a sostare agli infiniti incroci, oltre che alle soste di salita/discesa passeggeri. Tempi di attesa lunghi e velocità media da lumaca.
  • Il trasporto veicolare privato, perché gli automezzi in circolazione sono tanti, le strade sono strette, gli incroci infiniti, la sosta quasi impossibile.
  • Le vie ciclabili, per carenza di ciclisti, perchè queste vie ciclabili sono frammentate, e non consentono percorsi “ragionati” che costituiscano una rete ciclabile funzionale e funzionante. Inoltre, “quanti” cittadini sono in grado di usare il mezzo, quanti ne hanno uno, quanti dispongono di un ricovero sicuro per il mezzo ?

Ma Milano dispone di VIE DI COMUNICAZIONE razionali e ragionate ?
Molto poco, nonostante qualche miglioramento in alcune aree. Perché ?

  • Il territorio municipale è piccolo, in rapporto al numero di abitanti e di pendolari
  • Le strade sono strette ed ingombre di automezzi parcheggiati ai lati
  • Le arterie di comunicazione sono poche e le alternative viabilistiche scarse, anche perchè precluse da un sistema di sensi unici studiato forse 40 anni fa con lo scopo di rendere difficili i percorsi alternativi, per “scoraggiare” l’uso degli automezzi privati.
  • Le vie di accesso automobilistico alla città dalla periferia sono ostacolate dai soliti incroci, mentre dovrebbero condurre ad aree di sosta periferica con rapidi e frequenti collegamenti pubblici a zone di sosta dedicate, economicamente sostenibili da chi deve accedere alla città per motivi di lavoro.
  • Le circonvallazioni milanesi sono vie di transito per mezzi pubblici e privati molto lente, perchè frammentate da infiniti incroci, semaforici o meno, alcuni dei quali evitabili ridisegnando la mappa viabilistica della circolazione, cosa mai tentata, che potrebbe venire prodotta da un programma di calcolo opportunamente progettato. In altre città europee molti incroci sono stati sostituiti da sottopassaggi. Da noi no.

Le risposte dell’Amministrazione Comunale :

  • Nessuna sostanziale modifica dell’assetto viario per il trasporto su gomma
  • Proliferazione di piste ciclabili frammentate e senza un apparente piano strategico, col risultato di un utilizzo men che minimale.
  • Display alle fermate autobus/tram che almeno segnalano il tempo di attesa presunto
  • Assenza di costruzione di parcheggi sotterranei o sopraelevati per togliere dalla strada gli automezzi in sosta prolungata.
  • Assenza di aree di sosta libera, ma breve, come era possibile in passato con il “disco orario”
  • Esperimenti falliti o mal condotti di sincronismo semaforico sulle grandi arterie di circolazione, per far trovare segnale verde ai mezzi pubblici in avvicinamento.
  • Introduzione di telecamere per controllo della velocità dove sia facile sforare i 50 km/h
  • Un discutibile tracciato della linea MM4 al posto di un tracciato circolare che tenesse conto della natura viabilistica della città offrendo una via di trasporto efficiente alternativa
  • Un piano di recupero degli scali ferroviari milanesi che non prevede di rimuovere l’ostacolo fisico che questi costituiscono alla viabilità urbana, privata ma anche pubblica, preoccupandosi soltanto di soddisfare scoperti interessi economici di FS Sistemi Urbani.

Queste considerazioni sono datate Settembre 2017. Cosa è cambiato IN MEGLIO da allora? Nulla in assoluto. E se la Giunta al potere dovesse venire confermata, potrà solo peggiorare, e se cambiasse la maggioranza politica, non è affatto scontato che finalmente si assista ad una rivoluzione.