LA SEPARAZIONE DEI RUOLI

Siamo di fronte al disastro energetico, e la politica lo affronta con l’abituale inadeguatezza di sempre. Manca nella chiacchiera della politica, e dei cosiddetti esperti, la consapevolezza della necessità di distinguere i ruoli, nel settore energetico come in quello della Magistratura (separazione delle carriere), in quello bancario (banche commerciali e banche d’investimento), in quello dei trasporti (reti viarie e mezzi di trasporto).
Analogamente nel settore energetico, dove occorre distinguere tra produzione dell’energia e sua distribuzione.
Certo, qualcosa si è fatto, gli addetti ai lavori conoscono i problemi, ma hanno interessi diversi e conflittuali, che la politica non sa o non vuole sbrogliare.

Cominciamo col dire che tanto l’energia elettrica che il gas viaggiano su una sola rete di distribuzione comune, su filo elettrico ed in tubazioni, a prescindere dalla fonte energetica che immette energia in rete. In Italia abbiamo circa 200 distributori di gas (vedi fonte) che possono coincidere, o meno, con i fornitori con i quali gli utenti stipulano i contratti di fornitura, i quali, a loro volta, possono essere produttori di gas (ENI) o semplici commercianti.
Analogamente per l’energia elettrica, che viene prodotto ovunque ed in qualsiasi forma (centrali termoelettriche, idroelettriche, ad energia solare o eolica) o provenire anche dall’estero (Francia, ecc).
I costi di distribuzione, come quelli di produzione, possono essere radicalmente diversi, ma il bene energia viene venduto a prezzi di mercato, quale che sia la fonte o il canale di distribuzione, indipendentemente dai costi di produzione, che possono essere radialmente diversi.
Ecco che produrre in Italia o acquistare all’estero può fare poca differenza per l’utente finale, mentre fa molta differenza per il produttore.
In teoria la concorrenza dovrebbe portare a differenziare l’offerta, ed i prezzi, ma non accade realmente, e quando accade, o pare che accada, l’incidenza delle differenze viene sensibilmente ridotta dal peso fiscale di accise, IVA e quant’altro.
Nel caso del gas metano, poi, il prezzo viene condizionato dagli acquisti alla Borsa di Amsterdam, dove il prezzo della materia prima è sensibilmente superiore a quello di altre borse mondiali, per la medesima materia prima.
La materia è molto complessa: noi stringiamo accordi commerciali con i produttori, come sistema paese, ma al popolo non è dato di sapere se questo coincide con vantaggi economici, e quali, e per chi, oppure rappresenta soltanto una relativa garanzia di disponibilità di quel bene, quale che ne sia il prezzo.

Per quanto attiene all’elettricità, questa viene distribuita in concessione statale da Terna SpA, su tutto il territorio nazionale.
In passato era Enel, oggi classificato solo come produttore.
Quindi nel settore elettrico esiste una separazione dei ruoli più visibile, ma questo non impedisce che il costo dell’elettricità all’utente sia comunque uniforme, quale che sia la fonte di energia.
Ecco che allora l’energia solare, il cui costo di produzione dovrebbe essere legato al solo ammortamento degli investimenti e della manutenzione, non è diverso da quello dell’energia elettrica prodotta da una centrale termoelettrica.
E sopra ai costi, naturalmente, le tasse …

La crisi energetica attuale, anche aggravata dal conflitto con la Russia, richiederebbe alcune politiche drastiche:

1. Azzeramento di qualsiasi imposizione fiscale, IVA inclusa, sul prezzo dell’energia all’utente finale, limitando il carico fiscale alla produzione di profitti delle imprese lungo la filiera produttiva e distributiva, come per le imprese di altri settori di mercato.

2. Separazione netta dei ruoli di distribuzione fisica e vendita di energia, anche per il gas, come già per l’elettricità, con addebito diretto del prezzo del servizio di distribuzione, elettrica o gassosa, da parte dei gestori, anche con consumo zero, purché allacciati e provvisti di contatore in funzione.

3. Contratti separati tra utente finale della fonte energetica e produttore o commerciante, messi in concorrenza sul mercato, con abolizione di qualsiasi incentivo rivolto a specifiche modalità di produzione di energia, per non manipolare il mercato.
Qui sorge la tentazione di incidere sui produttori di energia a basso costo che, lucrano sui prezzi elevati prevalenti, dipendenti da altre fonti, allineandosi a queste. Sarebbe una politica pericolosa, che scoraggerebbe anche investimenti in tali fonti di energia, che offrono la prospettiva di maggiori guadagni. Al contempo non va dimenticato che ogni centrale di produzione ha un impatto ambientale considerevole, che si tratti di un bacino idroelettrico, di una centrale termoelettrica, di pale eoliche o di pannelli solari.
Questo ci fa capire che questo mercato non può neppure essere totalmente libero, perché condizionato dalla disponibilità ambientale e quindi da concessioni pubbliche attente.
Questo vincolo ambientale ci offre una chiave di intervento non troppo restrittiva della concorrenza, ma abbastanza restrittiva da poter condizionare il prezzo massimo di vendita dell’energia di quella fonte in rapporto ai costi di produzione.
Manovrando saggiamente su queste leve (profitti attraenti e limitazioni al prezzo di vendita) si potrebbe stimolare una proliferazione delle fonti energetiche di qualsiasi natura, collocate sul suolo nazionale, favorendo quella maggiore autonomia energetica che la guerra russo-ucraina ci ha dimostrato essere vitale per noi.

Ing. Franco Puglia
28 agosto 2022

PARLIAMO DI ENERGIA

La vita umana è fondata sull’impiego di energia, partendo da quella muscolare umana, per poi avvalersi di quella animale, con l’impiego di equini e bovini, elementi portanti della cultura agricola, e solo in seguito con l’impiego dell’acqua corrente per azionale le ruote dei mulini ed altre macchine primitive destinate al settore alimentare e tessile. E non dimentichiamo un altro elemento fondamentale: il legname, e solo più tardi il carbone.
La scoperta del petrolio, prima, e del gas naturale, poi, ha indotto una rivoluzione nell’impiego dell’energia sviluppando in maniera prepotente il suo impiego, anche per la trazione stradale, al posto del carbone ad uso ferroviario.
Ha consentito la nascita degli automezzi, per il trasporto di merci e persone, che ha cambiato radicalmente lo stile di vita dei popoli e la mobilità planetaria.
Energia nucleare, prima, ed eolica o solare, in seguito, sono ciliegine sulla grande torta energetica mondiale, che ha stimolato uno sviluppo demografico ed economico capace di condurci rapidamente a superare gli 8 miliardi di umani sul pianeta, con un impatto spaventoso sull’ambiente, sotto ogni punto di vista.

Oggi ci troviamo a fare i conti con la più grave crisi energetica dopo il 1945, una crisi di distribuzione e di prezzi, più che di capacità produttiva. Scopriamo così che, indipendentemente dal luogo di produzione il prezzo delle fonti energetiche va alle stelle, sospinto dalle “forze di mercato” , che in un mondo globalizzato determinano il prezzo delle fonti energetiche a prescindere dai costi di produzione.
Così il kwh prodotto con pannelli solari ha il medesimo prezzo di quello prodotto con il gas che arriva dalla Russia o con l’energia nucleare che arriva dalla Francia attraverso gli elettrodotti.

Tutto questo svuota di significato tante sparate della politica sulla politica energetica nazionale volta ad aumentare la quota di produzione nazionale, che serve ad una possibile maggiore autonomia sul piano energetico, che non implica in se un calmiere sui prezzi. Anche se scoprissimo giacimenti enormi di gas naturale nel sottosuolo italico il prezzo del gas estratto sarebbe allineato a quello della borsa di Amsterdam. Il prezzo dell’energia elettrica in Italia è uno solo, che sia prodotta da centrali termiche a gas oppure da pale eoliche o pannelli solari. E così le tasse che gravano sui prodotti energetici.
Non sarebbe il caso di cominciare a capire COSA SIGNIFICA L’ENERGIA, in assenza della quale saremmo ancora immersi nel medioevo? E capire che per una nazione l’autonomia energetica al massimo livello ed un prezzo di distribuzione fondato sui costi di estrazione e non sul “mercato” sia l’elemento fondamentale per assicurare la libertà civile ed economica di un paese in sviluppo?

Ci sono risorse come l’acqua e l’energia che costituiscono le fondazioni su cui un paese costruisce il suo sviluppo, che dipende anche da innumerevoli altri fattori, ma è fondato sulla disponibilità di acqua, per tutti i consumi a cui è destinata, ed energia, a prezzi stabili, per quanto possibile, e non gravata da imposte.
Oggi, invece, niente di simile: siamo in balia del clima (siccità) per quanto attiene all’acqua, con una gestione delle risorse idriche insufficiente da sempre, dove la soluzione non è “privatizzare le risorse” ma privatizzare la loro gestione, però a condizioni controllate, sia in termini di prezzi di distribuzione che di efficienza.
E per quanto attiene all’energia, va massimizzato l’impiego di energia di produzione nazionale, quali che siano le fonti, immessa sul mercato nazionale a prezzi amministrati, non di mercato, e senza gravami di imposte. L’energia di importazione deve integrare, non sostituire, quella di produzione nazionale, e la differenza di prezzo si può, si, scaricare sul prezzo dell’energia distribuita, perché i costi vanno sostenuti dall’utenza, non da un generico “stato”, che siamo ancora tutti noi, ma rovesciando i termini del problema, assegnando all’energia importata un ruolo complementare a quella autoprodotta.

E va liberalizzata la produzione autonoma di energia da parte di chiunque, con qualsiasi mezzo, senza interferenze pubbliche e tasse, col solo vincolo dell’impatto ambientale.
La politica chiacchiera intorno a questo tema, in maniera caotica, divisa da preclusioni ideologiche che guardano ad una energia cattiva, da fonti fossili, ed una buona, da fonti definite rinnovabili, mentre la sola distinzione dovrebbe essere quella dell’autonomia di produzione e dei costi di approvvigionamento, dando per scontato che qualsiasi impianto di produzione di energia debba essere non inquinante (oggi è possibile) e di minimo impatto ambientale.
Non può esistere su questo una frattura di ordine politico, che invece esiste e determina immobilismo e fame di energia.

E concludo ricordando a TUTTI che i cambiamenti climatici ed il supposto surriscaldamento planetario, innegabile in alcune aree, ma non presente ovunque, non uniforme, è determinato da molte concause e se una di queste è antropica, è determinata dalla enorme quantità di energia di cui abbiamo bisogno, e che consumiamo, per sostenere in vita 8 miliardi di umani con un tenore di vita crescente, ovunque, e quindi consumi di energia crescenti.
E tutta questa energia, alla fine dei processi, quale che sia la fonte, diventa CALORE, che riscalda l’atmosfera, con quel che segue.
Altro che CO2 e gas serra, pagliuzze negli occhi dei sedicenti scienziati che ignorano i tronchi di calore da produzione di energia conficcati nei loro cervelli.
Noi dovremmo abbattere drammaticamente i nostri consumi energetici, supponendo soltanto, senza averne certezza, che il contributo antropico sia così pesante da determinare i cambiamenti climatici a cui assistiamo, e non sia invece prevalente il calore prodotto dalle foreste che bruciano, dai vulcani che eruttano, dai terremoti e dalle eruzioni sottomarine, oltre che da mutamenti della radiazione solare anche in rapporto ai mutamenti del magnetismo terrestre.
Ma non possiamo farlo, perché non esiste un unico governo planetario, e perché abbattere i consumi energetici in maniera significativa significa condannare a morte, ormai, miliardi di umani.

Ing. Franco Puglia
26 agosto 2022