LA MILANO DI TUTTI NON E’ QUELLA DI BEPPE SALA

Quest’uomo dall’espressione contrita è il simbolo della Milano decadente in cui svettano i palazzi di vetro espressione di una concezione urbanistica della città governata da interessi privati, pur legittimi, dei costruttori edili, tra i quali spicca in questi anni a Milano la figura di Manfredi Catella con la sua azienda, COIMA.
Il sindaco Beppe Sala, in carica da troppo tempo, erede del primo sfascio milanese avviato dal suo predecessore Pisapia, esprime una concezione dello sviluppo cittadino che obbedisce a due imperativi:
– Quello del denaro, usando gli strumenti disponibili politicamente, vale a dire il PGT (piano di governo del territorio) e le concessioni edilizie. L’obiettivo NON è di sinistra, non dimenticando che Sala esprime un Consiglio Comunale a maggioranza di sinistra, ma è fine a se stesso.
– Quello della “new economy” di stampo fintamente ecologista, quella nuova ideologia di sinistra, sostitutiva del socialismo storico, che nasce dalla lotta ormai storica contro i padroni del petrolio, per approdare alla leva climatica, a cui la popolazione ha mostrato di essere più disponibile, con la lotta alla produzione di CO2, IL GAS DELLA VITA, assieme all’acqua, con l’obiettivo di cancellare qualsiasi impiego di combustibili di origine fossile.

Ma torniamo a Milano, alla città di Beppe Sala, indagato da quella Magistratura Milanese che lo ha sempre sostenuto, assieme ai suoi complici politici (assessore Tancredi in testa) ed industriali (Manfredi Catella). Indagati per che cosa? Per le forse troppe concessioni edilizie in condizioni opache. Nulla di nuovo sotto il sole …

Ma COSA SERVE AI MILANESI ?
I bellissimi grattacieli di cristallo? No, anche se assolvono ad una loro funzione, in una metropoli del 2025, e simili costruzioni sono presenti nelle maggiori città del mondo.
Il territorio milanese NON ha più spazio edificabile, e nuovi spazi si possono realizzare solo in altezza. Ma a che scopo?
Premessa: ogni edificio è occupato da PERSONE UMANE, per motivi residenziali o professionali, e queste persone debbono muoversi, tra casa e lavoro, tra un palazzo e l’altro.
Per poterlo fare servono vie di accesso ai palazzi, attraverso mezzi di trasporto pubblico VELOCI e frequenti, oppure con automezzi privati.
Quindi, oltre alle linee ferroviarie sotterranee, servono STRADE e servono AREE DI SOSTA, temporanea e permanente, per gli automezzi.

La VIABILITA’ URBANA dovrebbe essere IL PRIMO OBIETTIVO di qualsiasi amministrazione comunale.
E viabilità urbana significa MEZZI DI TRASPORTO, che NON possono essere mezzi a due ruote di qualsiasi natura, perché NON IDONEI all’impiego da parte di TUTTA la popolazione urbana, e non soltanto di una ristretta fascia di residenti.
Significa che ad ogni nuova costruzione DEVE corrispondere una adeguata area di sosta suppletiva di automezzi funzionale all’occupazione umana prevedibile per quello stabile.
DIVERSAMENTE LO STABILE NON VA REALIZZATO, perché aggrava una situazione già drammatica dei trasporti viabilistici urbani.

Le aree di sosta devono essere LA PRIMA PREOCCUPAZIONE di un governo cittadino, liberando le strade dalle auto in sosta permanente, e lasciando spazio alla sosta breve, sveltendo la circolazione dei mezzi di superficie, e coniugando circolazione e sosta, come le due facce della stessa medaglia.

E poi c’è il problema abitativo residenziale, con una popolazione urbana variegata, con una forbice spaventosa tra i redditi dei meno abbienti e quelli dei residenti più facoltosi, dando priorità alla residenza delle persone, non del turismo di passaggio, per il quale sono idonee le residenze alberghiere, lasciando i B&B ed assimilabili a contesti urbanizzati molto periferici ed a bassa densità abitativa.
La stragrande maggioranza dei nuovi edifici è funzionale solo e soltanto ai residenti più facoltosi, e spesso gli immobili vengono acquistati da NON residenti molto facoltosi che li acquistano come residenza temporanea per affari.
Ma a Milano servono immobili per chi a Milano risiede a tempo indeterminato, o comunque per lunghi periodi (studio o lavoro).
E servono immobili a costi abbordabili non soltanto dai manager delle multinazionali ! L’urbanistica DEVE occuparsi di questo; di cosa sennò?

Occuparsi della città significa anche impedirne il sovrappopolamento, perché una medesima superficie territoriale non può ospitare una popolazione crescente all’infinito. Milano ospita una popolazione formata per il 25% circa da immigrati, quasi sempre a basso reddito, e parlo solo di residenti regolari, perché se mettiamo in conto anche gli irregolari ….
Le politiche di edilizia residenziale NON possono essere suddite della domanda residenziale straniera: la residenza cittadina DEVE diventare a NUMERO CHIUSO, pena la disgregazione sociale ed urbanistica del territorio. Vivere a Milano, come in qualsiasi altra città del mondo, NON è un diritto, ma una opportunità, che non è identica per tutti.

E vivere in una città, particolarmente se grande come Milano, DEVE significare anche vivere in un ambiente PULITO e capillarmente controllato dalle forze dell’ordine della Polizia Municipale, facendo sparire dalle strade periferiche della metropoli la spazzatura, abbandonata ovunque, ed impedendo un impiego improprio ed abnorme degli spazi pubblici, aree verdi in primo luogo, per spuntini improvvisati, sfogo delle pulsioni alcoliste ed assunzioni di stupefacenti, come anche per aggregazioni chiassose a vario titolo di giovanissimi e non.
TUTTO QUESTO NON E’ DI DESTRA, SEMMAI E’ DI SINISTRA,
nella misura in cui è di sinistra rendere gradevole la vita della gente comune, senza condiscendere alle intemperanze ed alla aspirazioni di pochi, senza creare ghetti abitativi di lusso oppure contenitori di degrado urbano, ambientale e sociale.

BASTA, con Beppe Sala, con questa sinistra ciclabile e palazzinara, con la città che espelle la parte migliore dei suoi abitanti per accogliere i senza patria e senza fissa dimora nelle sue periferie, accendendo le luci della ribalta al lusso internazionale nel suo centro ex storico.

Ing. Franco Puglia
21 luglio 2025





TERRITORI SELVAGGI

Ci vivono uomini ed animali, e donne, naturalmente, ed altri di incerta natura.
E quando il sole inizia a mostrare la sua luce sull’orizzonte, iniziano a muoversi, per riprendere la loro vita quotidiana dopo il breve risposo notturno.
Non tutti: alcuni tra loro sono animali della notte, e popolano il territorio secondo la loro inclinazione, ma ben oltre il calar del sole. Al mattino, in alcune zone, i resti dei loro pasti, abbandonati, accanto ai resti delle notti precedenti, o altrove, offerti alle cornacchie nere, alla ricerca della loro parte.

In questi territori vige la legge della giungla: comanda il coltello, comanda la violenza.
Facce scure si aggirano per le strade, non solo scure per il colore della pelle, ma per lo sguardo torvo, di chi cerca di colmare il suo vuoto, non solo alimentare, ma anche interiore. Dove loro sanno, incontrano altri individui, e barattano sacchetti di polvere bianca con banconote sgualcite. O entrano nei centri commerciali, e ne escono con le immancabili bottiglie di alcoolici, la birra in prima fila. Il terreno, nelle zone di minor passaggio, dove l’erba tenta disperatamente di sopravvivere, è cosparso di frammenti di vetro, bottiglie abbandonate, andate in frantumi, o volutamente spaccate per essere impiegate come arma, quando il coltello non è a portata di mano.

In questi territori la Polizia è ospite sgradito, e non si fa vedere, né di giorno né di notte.
La fauna qui è pericolosa, e non sai mai come può andare a finire, e se ti va bene, se esci sano da un confronto, un tribunale corrotto nell’anima ti incrimina per eccesso di difesa o, nel caso, di omicidio. Quindi perché rischiare? E poi non importa a nessuno, nessuno ti reclama, nessuno si accorge della tua assenza. Esserci o non esserci? No, questo, per te, non è più il problema.

In questi territori, cosparsi di costruzioni grigie ed anonime, si muove una umanità variegata, in un crogiolo di lingue diverse, che richiamano territori lontani. Gli indigeni sono quasi assenti, e se ci sono, tacciono, per non tradire la loro provenienza, stimolando una qualche ostilità latente, potenzialmente pericolosa. Chi poteva farlo è fuggito, alla ricerca dell’Eden perduto, che esisteva solo nella sua immaginazione. Chi resta è inerte, anche quando si mette in movimento: ripete meccanicamente i gesti di ogni giorno, di cui non ricorda più il significato. Altri neppure si muovono, inebetiti da audiovisivi martellanti, che raccontano un mondo che non c’è, oppure dall’alcool o da altri stupefacenti assorbiti nella notte.

Il popolo della notte è in prevalenza giovane, ben imbottito di violenza, succhiata sin dall’infanzia di fronte agli schermi televisivi, e quando i più vanno a dormire si riversa nelle strade, alla ricerca dello sballo offerto da suoni monotoni e martellanti, nei rifugi dove scorre l’alcool e la droga.
Poco alla volta, nel corso della notte, i rumori si attenuano e sopraggiunge un breve intervallo di silenzio, prima che l’alba incipiente stimoli il risveglio degli altri, quelli che non sono stati stroncati dalle overdosi, quelli che non sono tossici, ma soltanto intossicati dal vivere. E si ricomincia.

Le luci della sera sfavillano come stelle sotto il cielo scuro, o attraverso le vetrine di alcune strade, attraversate dalla processione dei sognatori facoltosi che confondono l’essere e l’avere, due verbi forse studiati a scuola, di cui ignorano il significato. Altre strade appaiono quasi deserte, grigie, ravvivate soltanto dal rumore indistinto delle gomme che rotolano sull’asfalto. Molti si avventurano per le strade alla ricerca di cattivi punti di ristoro, dove sperano di dare soddisfazione al palato, sopportando le lacrime del portafogli.
Con un po’ di fortuna torneranno a casa indenni, sia di stomaco che di portafogli, e saranno convinti di essere felici.

No, non siamo nel profondo dell’Africa: siamo a MILANO !

Ing. Franco Puglia – 8.2.2025